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Smog: ecco vere cause, falsi allarmi e possibili rimedi. Parla Georgiadis (Cnr)

Mentre lo smog diventa uno dei temi caldi della politica, proviamo a ricondurre il dibattito su un piano più scientifico. Perché, dopotutto, di fisica e meteorologia si tratta – e anche un po’ di pianificazione urbana – come spiega Teodoro Georgiadis dell’Istituto di biometeorologia (Ibimet) del Cnr, in questa conversazione con Formiche.net.

Dottor Georgiadis, perché nelle nostre grandi città stazionano nelle ultime settimane quantità superiori alla norma di polveri sottili? Colpa della mancanza di pioggia o della nostra passione per le quattro ruote?

Il traffico veicolare è sicuramente il fattore più importante, ma da solo non produce il fenomeno a cui assistiamo oggi. La causa primaria è la situazione di alta pressione, anomala per questa stagione, che interessa da settimane l’Italia, e anche diverse zone d’Europa: la combinazione delle condizioni meteo e delle emissioni inquinanti ha creato l’emergenza smog. Ma non si tratta solo di mancanza di pioggia. E’ vero che la pioggia favorisce la pulizia dell’atmosfera perché cattura le particelle in sospensione, ma anche qui siamo di fronte a una concausa: il problema principale è il mancato ricambio d’aria, sempre per quella situazione di alta pressione la cui caratteristica sono le masse d’aria molto stabili. Senza venti, lo smog ristagna e si accumula. E’ quel che è successo soprattutto nella Pianura Padana.

Anche i riscaldamenti incidono?

Il mio istituto non ha dati specifici sull’impatto dei singoli fattori nella formazione delle polveri sottili. Io però posso dirle che in questi ultimi due mesi i riscaldamenti, che pure sono un elemento da tenere in considerazione per le loro emissioni inquinanti, non hanno inciso in modo preponderante, perché le temperature sono state più elevate della media. I veicoli incidono di più.

Veicoli privati o pubblici?

Anche gli autobus, soprattutto se sono mezzi obsoleti e restano continuamente bloccati nel traffico, inquinano. Ma non facciamo polemiche inutili: gli autobus e i taxi inquinano decisamente meno delle auto private, che restano le prime responsabili delle emissioni di polveri sottili nell’atmosfera. Invece c’è da considerare un altro fattore di cui si parla poco.

Quale?

Il “metabolismo” delle città. Ogni città è diversa per la sua morfologia, la struttura architettonica, le attività umane. Per esempio, possono essere presenti strade strette che favoriscono lunghe code dove le macchine restano incolonnate. Oltre al problema delle emissioni, infatti (quanto ogni singola vettura emette), c’è quello del tempo di permanenza in strada: è ovvio che se una vettura permane meno in strada crea meno smog e che, se il traffico è intasato e le vetture restano a lungo ferme col motore acceso, la città soffoca. Il modo in cui la città lavora, il modo in cui la gente si sposta e il sistema architettonico-urbanistico incidono sul livello delle polveri sottoli. Certo, intervenire sull’urbanistica è più difficile.

Allargare le strade non sempre è possibile, soprattutto in centro. Ma dei parcheggi in più non aiuterebbero?

Sì, sono sicuro che con quello che costa il carburante è nell’interesse dei cittadini tenere la macchina accesa il meno possibile. Poter contare su un percorso certo e un parcheggio dove lasciare la macchina per poter proseguire a piedi o con dei mezzi pubblici sarebbe un enorme vantaggio. Il parcheggio però va studiato in base alla morfologia e al citato metabolismo della città, deve cioè trovarsi dove è conveniente per il cittadino. A Parma è stato sperimentato anche un sistema di consegna su veicoli elettrici della merce acquistata in centro: è una soluzione che può incentivare a non prendere la macchina anche quando si devono fare spese. Ma non c’è una regola: ogni città ha le sue caratteristiche e deve studiare una sua formula. Il problema è che oggi si fanno tanti modelli di città, ma non sono realmente applicabili; si possono però prendere più modelli e lanciare delle sperimentazioni per trovare le soluzioni che di volta in volta sono più idonee. Per esempio, nel caso delle polveri sottili, una possibilità è lavare le strade di notte per far cadere le polveri nelle fognature (le polveri infatti tendono a tornare in sospensione), ma sono soluzioni che vanno testate, non è detto che funzionino sempre e ovunque.

Mentre ci lamentiamo, però, va tenuto presente che negli anni lo smog è diminuito. E’ vero?

Sì, certo, le normative sono diventate via via più severe e le soglie limite per le emissioni inquinanti sono andate costantemente diminuendo. Non solo c’è un attento controllo a non superare i limiti, ma i limiti di oggi sono molto più bassi che in passato: i numeri per cui ci allarmiamo sarebbero stati più che legittimi alcuni anni fa. E poi è migliorata la tecnologia, delle vetture e dei carburanti. E’ vero che le auto sono aumentate, ma l’inquinamento è minore, abbiamo automobili più evolute. Non vuol dire che non ci sia più inquinamento o che non vada abbattuto ulteriormente.

Anche perché causa problemi alla salute. O no?

Alcuni epidemiologi misurano le ospedalizzazioni in funzione del superamento dei livelli di polveri sottili. A me l’impostazione non sembra scientificamente corretta, tanto più che abbiamo appena detto che oggi c’è meno smog: come possono esserci più malati per smog che in passato? E’ vero d’altra parte che le polveri hanno un impatto su fasce deboli come gli asmatici ed è dimostrato che producono un effetto diretto su alcuni processi fisiologici (come il metabolismo degli zuccheri). Di qui a fornire numeri esatti su patologie o mortalità c’è una certa distanza.

La soluzione al problema sarebbe un mondo senza combustibili fossili. Siccome si tratta di uno scenario non realizzabile nell’immediato futuro, intanto le città vanno avanti a suon di targhe alterne. Che non sono servite a niente, è stato detto. Lei che ne pensa?

Che è una polemica che nasce da presupposti sbagliati: l’inquinamento non scende perché perdurano le condizioni meteo sfavorevoli; non basta che non circolino le auto. La fisica dell’atmosfera non ha confini definiti per suoi esperimenti ed è difficile mettere a confronto condizioni omogenee, ma io credo proprio che a parità di condizioni si rileverebbe un miglioramento. Detto questo, è chiaro che misure emergenziali come le targhe alterne e il blocco temporaneo del traffico non solo la soluzione all’inquinamento. Si tampona il problema per un breve tempo, suscitando tra l’altro il malcontento dei cittadini, ma una vera soluzione passa per lo studio delle condizioni delle singole città o territori e per una risposta sistemica.

Per esempio, quale potrebbe essere una misura più efficace?

Le zone chiuse al traffico sono una risposta più efficace se reiterata. Per esempio, si possono creare aree della città con accessi ridotti o che vengono regolarmente vietate alle macchine in certi giorni della settimana. Questo permette ai cittadini di abituarsi e organizzarsi. Anche un sistema di trasporto pubblico più efficiente è importante: una città dove i mezzi funzionano è una città più vivibile e sostenibile.

Chi se ne deve occupare, i sindaci? O il governo, visto che lei parla di risposta sistemica?

I sindaci isolatamente non sempre possono dare la risposta efficace. Il governo però non ha le conoscenze del territorio che hanno comuni e regioni. Io direi che il decentramento è necessario, ma senza la frammentazione: un’alleanza di sindaci di aree omogenee, per esempio, sarebbe ideale. Torniamo all’esempio della Pianura Padana: si tratta di un vero reattore chimico, chiusa tra mare e montagna che ne determinano clima e caratteristiche fisico-chimiche. Le misure anti-inquinamento non possono essere prese isolatamente dalle varie città padane: le centraline di quest’area si spostano tutte in modo simile e occorre concertare una risposta che abbracci l’intera area, che guardi alla Pianura Padana come sistema. Solo così si potrà affrontare il problema di quella che è una delle zone più inquinate d’Europa e che rischia per questo anche le sanzioni dell’Ue: ma le sanzioni non servono a niente se non si tiene presente la specifica morfologia della pianura e non si studia, appunto, la risposta di sistema. Che, come in tutto questo problema dell’inquinamento, non è una risposta di natura politica: la fisica, la chimica e la meteorologia c’entrano molto di più.

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