La Cina nuovamente al centro di una fiammata di volatilità globale. Scarsa visibilità sull’economia e dubbi circa l’ effettivo grip delle autorità su ciclo e mercati agitano gli investitori. Ma su vari asset si nota una price action coerente con un esaurimento della pressione ribassista di breve:
In generale, non si può dire che sui mercati finanziari dominino costantemente maturità e raziocinio. Tutt’altro. Normalmente è vero il contrario, e vi regnano emotività ed isteria. Ciò detto, le Autorità Cinesi hanno parecchio lavoro da svolgere, prima di poter sostenere che i mercati locali risultano, sotto l’aspetto della maturità, in linea con la media mondiale.
Stanotte, è occorso meno di un quarto d’ora perché Shanghai incappasse nella prima sospensione di 15 minuti, e successivamente 2 minuti perché si raggiungesse il -7%, soglia necessaria per lo stop definitivo. In tutto la seduta è durata meno di mezz’ora, di cui la metà circa di sospensione. Lo yuan è stato fissato in calo dello 0.6% e la versione offshore ha provato a perdere un altro 1% prima che mani forti la riportassero rapidamente in linea col livello di ieri.
Già ieri non era stato per nulla facile, con l’ulteriore discesa dell’oil (Brent -8% ai minimi dal 2004), la volatilità dello yuan, la debolezza dei dati US (ISM services) e le minute FED, dalle quali è emerso che per molti membri la scelta di rialzare è stata una decisione sofferta (“close call”). Su queste basi, l’azionario europeo ha rotto i minimi di dicembre, mentre con il -1.3% di ieri, Wall Street ha centrato la peggiore apertura d’anno (su 3 sedute) dal 2008.
Aggiungiamoci lo showdown di stanotte in Cina, ed era ovvio che oggi sarebbe stata una giornata difficile. Il resto dell’Asia ha mostrato discese rilevanti, per quanto, per fortuna, frazioni di quella cinese. Bastonatissimo anche l’oil, che ha bucato, in apertura, di seduta europea, il minimo visto a dicembre 2008. Pesantissima l’apertura europea, gravata anche da un euro in recupero contro il dollaro, un effetto della risk adversion, ed eventualmente, delle minute Fed.
Peccato, perché i PMI servizi e composite di Dicembre usciti ieri erano buoni, trainati da Italia (massimi da 5 anni e mezzo nei servizi) e Germania. Il generale buon tono dell’economia europea è stato confermato da business, industrial e service confidence di dicembre in EU, tutte sopra attese. Ma in questo momento il mercato non vi guarda affatto.
La pubblicazione delle riserve valutarie cinesi, alle 10.00, ha marcato il momento peggiore del sentiment. Il dato è uscito assai sotto attese, indicante un calo di 108 miliardi di dollari, vs. attese per una trentina. Come sempre, valutare l’effettiva fuga di capitali è un affare complicato ma è chiaro che questi sono ripresi in grande stile, nonostante tutte le misure varate. Ed è altrettanto chiaro che il calo della divisa è avvenuto nonostante la PBOC abbia speso un bel po’ alla difesa del cambio.
Nel pomeriggio il tono sui mercati è marginalmente migliorato. Due i catalyst:
– Il petrolio ha reagito al supporto costituito dal minimo di fine 2008, recuperando fino ad affacciarsi in positivo ad un certo punto.
– Il regulator cinese (che dopo la sospensione aveva intensificato le restrizioni alla vendita) ha comunicato che, dopo appena quattro sedute, lo schema di protezione a doppia soglia viene accantonato (ironia della sorte, la sospensione al ribasso viene sospesa). Contro intuitivamente, ciò ha portato sollievo sui mercati, un po’ perché le soglie erano diventate campi di attrazione per gli indici, un po’ perché ci si attende che le autorità ricorrano domani ai sistemi collaudati per arrestare i crolli, vale a dire acquisti. Sicuramente stanotte non glie ne è stato dato il tempo.
Oltre a ciò lo yuan offshore ha messo a segno un recupero di mezzo punto, riducendo lo spread con il fixing.
Peraltro, il recupero finale non ha impedito perdite rilevanti agli indici europei, che mostrano in generale perdite di 5/6 punti percentuali da inizio anno (in 4 sedute!). L’euro ha mantenuto i guadagni contro $, pressoché cancellando l’indebolimento delle prime sedute del 2016, mentre i bonds, fin qui sostenuti dalla risk adversion, sono stati oggetto di prese di beneficio, ovviamente incentrate sulla periferia europea.