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Il 2016 sarà l’11 Settembre dell’Europa?

Dopo l’annus horribilis segnato dagli attentati contro la redazione di Charlie Hebdo e il supermercato kosher, gli attacchi allo Stade de France e al Bataclan, la Francia si è affacciata al 2016 ancora nel segno del terrore e della paura, dopo che un uomo armato di mannaia e con una finta cintura esplosiva lo scorso 7 gennaio ha minacciato di farsi saltare in aria davanti a un commissariato di polizia di Parigi. Episodi diversi, difficilmente prevedibili, quelli che si sono verificati nella capitale francese, ma che per gli esperti di sicurezza non rappresentano che l’inzio di un 11 settembre europeo.

LA MINACCIA DI UN 11 SETTEMBRE EUROPEO

«Purtroppo pensiamo che il 2015 sia stato nulla rispetto a quanto temiamo possa accadere». A lanciare l’allarme ai microfoni dell’Agenzia France-Presse (AFP) è un funzionario dell’antiterrorismo che, come riporta Business Insider, ha chiesto di rimanere anonimo. «Ci stiamo muovendo verso un 11 settembre europeo caratterizzato da attacchi diversi tra loro per modalità e luogo e ma simultanei, che possono verificarsi anche nello stesso giorno. Si tratta di azioni ben coordinate. Sappiamo con certezza che i terroristi stanno lavorando a questo».

IL NUOVO PROFILO DEI JIHADISTI

Il funzionario ha spiegato che lo Stato Islamico sta reclutando e formando europei con l’intento «di rispedirli a casa e far compiere azioni terroristiche nei loro paesi d’origine». E continua: «Dispongono dei documenti falsi necessari e delle armi, hanno padronanza della lingua e della rete. Ne abbiamo fermati molti, certamente, ma bisogna riconoscere che siamo sopraffatti da questo fenomeno». Per l’esperto di antiterrorismo, i recenti arresti di jihadisti di ritorno da Siria e Iraq non hanno fatto che aumentare le preoccupazioni, in tal senso.

«I profili stanno cambiando. Vediamo ritornare ragazzi ultra-radicali, molto agguerriti, che sarebbero dovuti rimanere laggiù», spiega il funzionario. «Prima avevamo di fronte per lo più ragazzi che ritornavano nei paesi di origine consci di aver fatto un errore e inconsapevoli di quanto la guerra possa essere dolorosa. Ora, invece, sono molto decisi e sicuri rispetto al percorso scelto».

LA NECESSITA’ DI UNA RISPOSTA RAPIDA

Di fronte a un nemico che è felice di morire e che cerca di massimizzare le carneficine di civili, la vera sfida per le forze di sicurezza francesi è quella di accelerare i tempi di risposta. «Ci sarà sempre un ritardo d’intervento che dobbiamo ridurre quanto più possibile», ha spiegato ad AFP il colonnello Hubert Bonneau, capo del Groupe d’intervention de la Gendarmerie nationale (GIGN).

«All’interno del Bataclan, per uccidere 90 persone sono voluti 20 minuti. La strage si è fermata quando c’è stata l’opposizione delle forze di sicurezza» continua Bonneau. «Ma ci sono volute due ore e mezzo perché la polizia prendesse d’assalto la sala da concerto poiché ci sono voluti dei tempi tecnici per raccogliere informazioni sulla struttura del edificio e la posizione dei jihadisti».

Il colonnello ha specificato che questo nuovo tipo di minaccia differisce dalle altre perché non ci sono le classiche prese di ostaggio, come avveniva in passato. «Gli ostaggi ora sono solo elementi per rallentare l’avanzamento delle forze di sicurezza. Se non si interviene al più presto ci saranno più vittime. Questa è la lezione da trarre dagli attacchi del 13 novembre. Attacchi che cambieranno le nostre modalità d’intervento». «Abbiamo bisogno di un’azione chirurgica, che sia più incisiva e veloce possibile», ha spiegato Bonneau.

GLI ATTACCHI DEL 2015? SOLO UNA PROVA GENERALE

Azioni paneuropee non sono nuove alle forze di sicurezza del Vecchio Continente. Al contrario, sono state sventate in diverse occasioni, «di cui una alla fine di agosto 2010», ha dichiarato Yves Trotignon, un ex analista di intelligence al servizio della Direction générale de la sécurité extérieure (DGSE) francese. «A quei tempi c’era ancora Al Qaeda», commenta, per poi confermare la tesi del funzionario dell’antiterrorismo interpellato da AFP.

«Questo tipo di attacchi multipli fa parte degli scenari peggiori che si potrebbero presentare nel 2016. So che nelle capitali europee, in particolare Londra, i servizi specializzati stanno lavorando proprio su questa ipotesi», spiega Trotignon. La polizia, i militari e i servizi segreti stanno cercando costantemente di adattarsi a questa minaccia multiforme e in continua evoluzione. «Ma – specifica l’ex analista della DGSE – stessa cosa stanno facendo dall’altra parte, e spesso in maniera più rapida ed efficace». «Non siamo solo noi ad imparare le lezioni, ma anche lo Stato Islamico. E lo fa in fretta, studiando le indagini pubblicate sulla stampa e sfruttando i mezzi di comunicazione a disposizione», spiega.

«Se la qualità delle azioni e della strategia terroristica migliora, avremo un problema» continua Trotignon, aggiungendo che c’è un «terribile pessimismo» per il 2016, tra professionisti del servizio di sicurezza. «Forse si dirà che il 2015 era solo una prova generale».

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