I risultati preliminari della prima giornata di voto del referendum per l’approvazione della nuova Costituzione danno un vantaggio del 56,5% al “sì”, secondo i dati ufficiali del Partito della libertà e della giustizia del presidente Mohamed Morsi. L’opposizione laica ha già denunciato una frode elettorale e ha chiesto la ripetizione del processo, ma il conteggio è stato effettuato da parte dei giudici ad ogni seggio elettorale. In caso di conferma della tendenza al secondo turno, che sarà il prossimo fine settimana, il testo della Carta magna egiziana sarà segnato dalla legge coranica.
Allora, quali sono i motivi che avrebbero spinto gli egiziani ad approvare una Costituzione così marcatamente religiosa? Secondo il New York Times, la popolazione identifica il laicismo con le classi dirigenti del regime di Hosni Mubarak, deposto durante la Primavera araba a piazza Tahrir. I Fratelli musulmani che sostengono il presidente Morsi non sono stati motore di quella rivoluzione popolare. Hanno fatto parte della rivolta molto dopo.
Un altro motivo è la confusione che ha creato l’opposizione laica fino alla vigilia della consultazione: il Fronte di salvezza nazionale, guidato da El Baradei, ex direttore dell’Agenzia internazionale di energia atomica e premio Nobel della Pace nel 2005, aveva chiamato prima all’astensione per boicottare il referendum e dopo ha invitato a scegliere il “no”, per cui si è creata una gran confusione tra i sostenitori che ha allontanato gli elettorali dai seggi. Per ultimo, l’esercito egiziano – grande difensore del laicismo – si è dimostrato neutrale nel referendum, molto probabilmente perché Morsi ha garantito il rispetto dei loro privilegi.
L’Egitto, un Paese diviso
Se al secondo turno non viene raggiunta la quota del 70% dei voti, ovvero la maggioranza qualificata, la gestione politica dell’Egitto sarà molto complessa, secondo un’analisi del Christian Science Monitor, molto probabilmente Morsi sarà costretto a riformulare alcune parti della Costituzione nel breve termine.
Il presidente egiziano si è guadagnato un’immagine positiva a livello internazionale dopo la mediazione nella vicenda israelo-palestinese, con il sostegno fedele degli Stati Uniti – l’ex ministro degli Affari esteri, Gianni De Michelis, ha spiegato le ragioni in un’intervista a Formiche.net. A livello interno, invece, Morsi ha bisogno di conquistarsi un maggiore consenso.
Secondo il New York Times, è in gioco non solo il referendum ma anche il bilancio generale sulla gestione dei primi sei mesi di Morsi alla presidenza. Il tentativo di consolidare il suo potere attraverso un decreto ha acceso la rabbia e le proteste e respingere il progetto della Costituzione prolungherebbe un pericoloso stato di instabilità politica.