Negli ultimi giorni il mercato ha penalizzato molto le banche italiane. Reazione emotiva all’entrata in vigore del bail-in? In parte sì, ma non si può dire che non ci siano a supportare questa emozionalità fondamentali (negativi). L’Italia è al primo posto in Europa per ammontare di Non performing loan, i crediti non esigibili che zavorrano gli istituti di credito anche dopo gli stress test.
SCENARIO E CONFRONTI
Il sorpasso della Spagna è avvenuto già a fine 2013, dopo che Madrid aveva trasferito a partire dalla fine del 2012 gli Npl nella bad bank: alla fine del primo semestre 2015, secondo uno studio della banca giapponese Nomura, gli istituti iberici superavano di poco il 10%, quelli italiani toccavano quota 14% sul totale degli impieghi. E, sempre secondo Nomura, considerando il rapporto di coverage dei crediti incagliati delle banche coinvolte nell’esercizio di trasparenza dell’Eba, la Spagna si piazza a quota 59% (e al 52% escludendo le due maggiori, Bbva e Santander) contro il 48% dell’Italia, che scende al 43% se si escludono dall’analisi Unicredit e Intesa.
REPORT PWC
Un record di cui l’Italia avrebbe fatto volentieri a meno, ma che è innegabile. La massa di Npl in pancia ai nostri istituti di credito dal 2008 al primo semestre 2014 è aumentata costantemente: quelli lordi sono passati da 42 a 170 miliardi. Lo affermano in un report anche Fedele Pascuzzi, Antonella Pagano e Laura Gasparini, analisti di Pwc. In complesso gli Npl pesavano per il 4,9% sul totale dei prestiti nel 2008 e nel primo semestre del 2015 avevano raggiunto una soglia del 21,8%. Contestualmente per le “maggiori 20 banche italiane sono aumentati – scrivono gli analisti di Pwc – dal 2013 e fino al terzo trimestre 2014 anche gli accantonamenti, soprattutto per rispettare i criteri fissati dalla Bce con gli Aqr”.
I NUMERI
A giugno 2014 l’esposizione ai crediti incagliati era aumentata dell’8% rispetto al 2013: un trend guidato dagli Npl lordi che hanno toccato il picco di 170,3 miliardi a giugno 2014 (+9%), mentre “la quota di Npl netti è rimasta ragionevolmente stabile al 4,9% del totale dei crediti. Focalizzando l’attenzione sulle prime dieci banche italiane, si nota, secondo PwC, un aumento della quota di Npl netti dal 3,9% al 4,6% nel terzo trimestre 2014. Il livello di coperture è aumentato, invece, da una media del 54,7% al 55,2%. Se si allarga l’analisi alle prime venti banche, la quota di Npl è aumentata dal 4,1% al 5,4%, mentre le coperture sono passate dal 53,7% to 54,8%”.
LA MAPPA
Ci vorranno dai tre ai cinque anni per uscire da questo tunnel, secondo le stime. PwC non si ferma a dati di sistema, ma produce anche lo spaccato banca per banca. Da cui emerge che nella classifica dell’esposizione il leader (in negativo) è Mps con una quota di Npl pari al 34,01% del totale del portafoglio; seguita da Banco Popolare (27,35%) e Bper (25,56%). Sopra il 20% si collocano anche Bpm, Unicredit, Iccrea, mentre sfiorano la soglia (19,95%) Bp Vicenza e Ubi (18,98%). Sotto Intesa (16,85%) e Veneto Banca (17,43%), mentre le best in class risultano Credito Emiliano (7,63%) e Mediobanca (5,55%). Con gli Aqr la situazione è cambiata. Gli Aqr cioè hanno fatto emergere più chiaramente le quote di Npl in pancia facendo salire di uno o due punti percentuali le quote appena elencate – senza tuttavia stravolgere la classifica.