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Il PD, le primarie e i cinesi

Ogni volta che ci sono le primarie emerge forte il problema del “chi va veramente a votare“? E puntualmente si parla di truppe cammellate che vengono mobilitate, come pedoni sulla scacchiera, da chi ha interessi particolari affinché una data o un dato candidato vinca la sfida. In molti hanno parlato di malafede e di polemiche sterili. Altri hanno addirittura accusato chi ha sollevato il problema di razzismo o di chiusura mentale.

Credo, invece, che sia necessaria una seria riflessione sui meccanismi delle primarie di coalizione e sulle primarie in salsa PD in generale. Lo abbiamo scritto, per esempio, in una lettera mandata a Matteo Renzi, con il circolo berlinese. Il problema, mi preme dirlo, non è affatto che alle primarie possano partecipare anche gli stranieri, così come non è affatto un problema che possano partecipare i sedicenni. Il punto è un altro: che significato vogliamo dare alle primarie e al concetto stesso di partecipazione.

Mi si fa notare che la % di stranieri che ha partecipato a queste primarie è stata dell’1.5% una componente residuale. Il punto non è quanti hanno votato, ma perché. Un partito che guarda seriamente all’ampliamento della partecipazione politica dovrebbe mirare alla mobilitazione massiccia di ogni componente della società. Milano, metropoli con una storia importante, avrebbe tutto da guadagnare nel mobilitare la comunità cinese, perché è quella di più antica tradizione ed è quella con la presenza anche imprenditoriale più forte. Mi azzardo a fare un paragone: sono un po’ come i turchi per Berlino.

Di iniziative rivolte alla comunità cinese da parte del PD locale non ne ho mai viste. Né ne ho sentito parlare di recente. Presumo che in vista del voto gli interessi si siano improvvisamente svegliati e tutti si sono resi conto che anche i loro voti sono utili. Un modo di concepire la politica che a me non piace. Il che non vuol dire né che non debba piacere anche agli altri né che sia illecito quello che è stato fatto. Il problema è davvero politico e poi tecnico. Mi spiego meglio.

Le varie comunità di stranieri che vivono la città hanno il diritto di essere coinvolte nelle scelte politiche, ma queste non possono essere limitate al voto per le primarie o per le amministrative. I cinesi, come altri, hanno il diritto di essere inclusi perché l’integrazione non è il dire chi votare, come e quando. Integrazione è fare proprie le istanze di questa comunità, e di tutte le altre, e di coinvolgerla. Spero che la nuova amministrazione voglia farlo. E che il PD si mobiliti sul territorio con azioni ad hoc.

Detto questo, vedere nelle interviste persone che vanno a votare alle primarie senza sapere cosa stanno facendo e perché, per me è disarmante. Come è inquietante vedere che vengono fatte foto sul tagliando di voto, come se si dovesse rendere conto a qualcuno. Siccome in Italia, e in queste sfide elettorali, ne abbiamo viste di tutti i colori, credo sia più che lecito chiedersi: perché?

Per quanto riguarda il PD voglio invitare a fare una riflessione davvero seria su questi modi di intendere le “primarie”. Certo, c’è dietro un’idea di partito e un’idea di politica. Non lo metto in dubbio. Ma vorrei che si cercasse di restare sul merito della questione senza fare facili accuse in nessun senso…

Lo dico per esperienza personale: da straniero in terra straniera, la Germania. Dove partecipo alla vita sociale e politica della città in cui mi trovo, ma essendoci davvero. Sapendo cosa faccio e perché e soprattutto partecipando attivamente. Insomma: sanno chi sono. Non sono piovuto dal niente improvvisamente e anzi, per godere dei diritti di voto attivo e passivo ho dovuto attendere un po’… Paese che vai, usanza che trovi… In conclusione, si tratta di rispetto delle regole, base per potersi confrontare democraticamente e di come si intende integrare una comunità in una città.



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