Ha salvato l’Italia dal fallimento e da un destino greco. Ha ricostruito la credibilità del Paese. Ha fatto lavorare insieme i tre partiti (Pdl, Udc e Pd) della “strana maggioranza” che fino al giorno prima si aggredivano furiosamente. E ha sempre detto la verità agli italiani. Per questo Mario Monti merita la qualifica di italiano dell’anno 2012. Sin dalle dichiarazioni programmatiche in Parlamento un anno fa, Monti ha parlato chiaro al Paese. “Non illudiamoci – disse allora – che il progetto europeo possa sopravvivere se dovesse fallire l’Unione monetaria. La fine dell’euro disgregherebbe il mercato unico, le sue regole, le sue istituzioni. Ci riporterebbe là dove l’Europa era negli anni Cinquanta”. E ancora: “Il futuro dell’euro dipende anche da ciò che farà l’Italia nelle prossime settimane. Gli investitori internazionali detengono quasi metà del nostro debito pubblico. Dobbiamo convincerli che abbiamo imboccato la strada di una riduzione graduale ma durevole del rapporto fra debito pubblico e Pil”.
A questo obiettivo il governo Monti ha cercato di restare fedele, pur nelle enormi difficoltà dovute alla crisi, che nella scorsa primavera è stata aggravata dal collasso della Grecia e delle banche spagnole. I tassi d’interesse sono calati: lo spread (cioè il differenziale tra i tassi tedeschi e quelli italiani) è sceso dai 575 punti del 9 novembre 2011 ai 350 di queste ultime settimane. Non ci sono più rischi per il rifinanziamento del nostro enorme debito pubblico. Il pareggio strutturale di bilancio nel 2013 può dirsi acquisito. Ovviamente, dovendo agire in stato di emergenza, Monti ha dovuto adottare provvedimenti duri, che lui stesso ha definito “brutali”, e che hanno finito per accentuare la recessione, come l’anticipo dell’introduzione dell’Imu, la riforma delle pensioni o i tagli alla spesa pubblica. Fondamentale è stata anche la “guerra” all’evasione fiscale e alla corruzione, per ricostruire un tessuto di eticità nei rapporti cittadini- Stato e nella Pubblica amministrazione, senza il quale ogni vero risanamento sarebbe impossibile.
Altrettanto importante è stata l’azione di Monti a livello europeo: se in estate Mario Draghi ha potuto tranquillizzare i mercati con il varo dello “Scudo salva spread”, facendolo accettare al governo tedesco nonostante la contrarietà della Bundesbank, ciò si deve anche alla credibilità riconquistata dall’Italia di Monti presso i partner comunitari, Merkel in testa.
E se, nonostante i provvedimenti “brutali”, la popolarità di Monti resta elevata tra i cittadini, ciò vuol dire che il Paese ha capito che l’amara medicina era necessaria per curare i mali del passato, evitare il fallimento e costruire su basi meno fragili un percorso di sviluppo per i prossimi anni. Come ha detto Draghi l’8 novembre scorso: grazie ai provvedimenti di risanamento adottati nei diversi Paesi, “la ripresa dell’area euro sarà lenta e progressiva, ma sarà una ripresa solida”.
Ora si tratta di completare il risanamento e connetterlo a una politica di sviluppo e di crescita, ricostruire lo Stato e la Pubblica amministrazione, ridurre la spesa pubblica, le tasse e il debito, rilanciare la produttività e l’occupazione. Solo così potremo uscire definitivamente dalla crisi, rassicurando i governi stranieri e i mercati, che si chiedono preoccupati che cosa accadrà dopo le elezioni del 2013. Per questo Monti ci serve ancora.
Articolo pubblicato sul numero 76 di Formiche – Dicembre 2012.