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Perché in Siria si rischia davvero una guerra mondiale

Già parlare di una Conferenza a Monaco per trovare una soluzione pacifica alla crisi della Siria evoca un precedente inquietante. Oggi, come allora, si discute della fine dell’integrità territoriale di uno Stato sovrano: la Siria di oggi è la Cecoslovacchia del 1938. Allora fu il preludio ad un nuovo conflitto mondiale, dacchè si squilibrava un assetto geopolitico già di per sé molto precario. Difficile descrivere diversamente la situazione attuale.

SUDETI TEDESCHI E SIRIANA SUNNITA 

La Germania nazista, a quei tempi, rivendicò con successo la estensione dei suoi confini meridionali alla regione dei Sudeti, sottraendola così alla Cecoslovacchia, in virtù della popolazione di etnia e lingua tedesca che la popolava.

Oggi ci sono due potenze arabe sunnite, Turchia ed Arabia Saudita, che offrono sostegno alla popolazione anch’essa sunnita maggioritaria nella porzione orientale del territorio siriano, per aiutarla a sottrarsi al regime alawita di Bashar al-Assad. Turchia ed Arabia Saudita si sono dichiarate pronte a far entrare le loro truppe in territorio siriano: l’integrità territoriale della Siria, Stato sovrano, è in pericolo così come accadde nel 1938 per la Cecoslovacchia.

L’approccio wilsoniano allo smantellamento dell’Impero austroungarico, attraverso la creazione di Stati etnicamente omogenei, in realtà spalancò le porte all’aggregazione “tedesca”: dapprima i Sudeti, poi l’Anschluss con l’Austria e ancora il ricongiungimento della Prussia orientale rimasta isolati per via del Corridoio di Danzica. Stavolta si invoca la comune appartenenza “sunnita” per intervenire in Siria: si muoverebbe il primo passo, per poi varcare magari la frontiera irakena e poi, avanti ancora, fino a quella dell’Iran. Nessuno ha dimenticato il catastrofico conflitto che contrappose per un decennio Iraq ed Iran negli anni ‘80.

DAL REVISIONISMO TEDESCO A QUELLO RUSSO 

Anche stavolta, come nel ’38, c’è una forte tensione revisionistica: la Germania di allora, a vent’anni di distanza dal Trattato di Versailles, rimetteva in discussione l’intero assetto geopolitico che era stato dato all’area centroeuropea dopo la fine della Prima Guerra mondiale, approfittando dello smantellamento dell’Impero austro-ungarico. La Germania voleva tornare al rango politico di Grande Potenza, e perseguiva concretamente tale obiettivo con una politica di espansione territoriale.

Stavolta è la Russia di Putin che punta alla revisione dell’ordine geopolitico: vuole riconquistare il ruolo di superpotenza globale che perse con la dissoluzione dell’Urss, e non può accettare che si saldino alle sue frontiere meridionali le forze di due Paesi, come la Turchia e l’Arabia Saudita, legati a filo doppio agli Usa. Se la prima è il pilastro della Nato in quello scacchiere, l’altra è legata da una special relationship sin dai tempi del Trattato di Yalta.

Se la Russia appoggia Assad in Siria per riguadagnare terreno, gli Usa, di contro, mirano alla definitiva consegna di Mosca al rango di potenza regionale. Il circondamento iniziato con l’adesione dei Paesi europei già aderenti al Patto di Varsavia ed ora alla Nato, e dopo il ribaltamento recente degli equilibri in Ucraina, con questa operazione in Siria sarebbe completato. Si approfitterebbe ora della debolezza politica ed economica della Russia, determinata dalle sanzioni comminate per l’annessione della Crimea, e del travaglio economico e politico interno della Cina.

ANCHE LA CONQUISTA DI PICCOLI TERRITORI HA CONSEGUEZE GLOBALI 

C’è un terzo fattore che richiama il contesto in cui si arrivò al Patto di Monaco del ’38. Allora, l’Inghilterra di Chamberlain si arrese al prepotente volere della Germania, che voleva spostare in suo favore gli equilibri continentali europei, determinando un danno in apparenza solo alla Francia, ma alla sua stessa stabilità, come denunciò subito, prevedendo una guerra catastrofica, Winston Churchill. Oggi, sono gli Stati Uniti che si rimettono alle convergenti ambizioni sunnite di Turchia ed alla Arabia Saudita, contro l’Iran sciita. Sul piano geopolitico globale, è una mossa in danno della Russia, che rimarrebbe isolata in una sorta di ridotta crimeana, con le sole basi miliatri e navali in Siria. L’ingresso turco-saudita nei territori dell’oriente siriano avrebbe lo stesso impatto strategico del passaggio dalla Ucraina al fronte occidentale, ma sconvolgerebbe equilibri assai precari.

COLLASSO DEGLI IMPERI E CONSEGUENZE A LUNGO TERMINE 

C’è così un quarto punto di assonanza: così come nel ’38 sarebbe stata impensabile una espansione della Germania a danno della Cecoslovacchia, se non a seguito dello spappolamento dell’Impero austro-ungarico deciso a Parigi con il Trattato di Saint-Germain, oggi sarebbe impensabile una saldatura sunnita a danno della Siria se non ci fosse stato lo spappolamento dell’Urss, la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo lamentata da Vladimir Putin.

Così come il collasso geopolitico dell’Impero austrio-ungarico aveva reso possibile l’invasione dei Sudeti da parte della Germania, poi l’Anshluss con l’Austria, fino all’invasione della Polonia, così è stata la sparizione dell’Urss a rendere possibili negli anni scorsi le guerre occidentali in Afganistan ed in Iraq ed ora a spianare la strada all’ingresso di Turchia ed Arabia Saudita in Siria.

ANTICHI RANCORI E NUOVA VOLONTÀ  DI POTENZA 

A Monaco, nel ’38, fu l’Inghilterra a dare il via libera alla invasione dei Sudeti da parte della Germania, ben consapevole di mettere all’angolo la Francia vincitrice del Primo Guerra mondiale: aveva mantenuto un odio inestinguibile verso la nazione che aveva incendiato l’Europa con una Rivoluzione laica, con le antiche Dinastie detronizzate da Napoleone, un borghese che si era arrogato il rango di Imperatore senza avere la legittimità dinastica. Se le ambizioni coloniali francesi erano state ampiamente mutilate con il Congresso di Vienna, il Trattato di Versailles e le pesanti Riparazioni finanziarie imposte alla Germania avevano reso Parigi nuovamente arbitra del Continente. Fu pavidità, a Monaco, ma soprattutto incapacità di comprendere il pericolo formidabile che si correva con quel rimescolamento di carte.

A MONACO, ANCORA UNA VOLTA, PROSPETTIVE INQUIETANTI 

Stavolta, l’intero blocco occidentale sembra voler dare il via libera alla invasione dell’area orientale della Siria da parte di Turchia ed Arabia Saudita, pur di mettere ancora più all’angolo la Russia: rimane l’ultimo impero antico, fondato su principi e valori che nulla hanno ancora a che vedere con il capitalismo occidentale. Anche il comunismo sovietico, in fondo, si è rivelato una mera sovrastruttura di potere, incapace di incidere sulle millenarie tradizioni russe.

Che Mosca abbandoni il sostegno al regime di Assad, è escluso. Che i Paesi occidentali siano davvero pronti ad impiegare i propri eserciti in un conflitto terrestre in Siria, è invece assai dubitabile: sembra una guerra di riequilibrio, combattuta per procura. Ma un conflitto tra la Siria di Assad e l’Iran, spalleggiati dalla Russia, che venisse innescato dall’ingresso sul terreno delle truppe di Turchia ed Arabia Saudita sostenute dagli Usa e dagli altri Paesi Occidentali, potrebbe assumere dimensioni ed esiti imprevedibili.

A Monaco, ancora una volta, si gioca con i destini del mondo.

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