Conoscete Alicè, al secolo Alice Pasquini? No? Tranquilli, ammetto anche io di non aver saputo chi fosse fino alla scorsa settimana, quando è stata condannata a 800 euro di multa per i ritratti disegnati nel 2013 su portoni e mura a Bologna, sebbene il pubblico ministero avesse chiesto la sua assoluzione. Parliamo di un’artista di strada piuttosto conosciuta a livello internazionale: il Corriere riporta che sue opere sono esposte in gallerie a Londra, richieste da amministrazioni pubbliche perché in grado di abbellire il panorama urbano, in Italia e all’estero. L’episodio sembra marginale, paradossale persino, ma è utile per una breve riflessione su uno dei temi che riguarda le nostre città, molte delle quali fra poco andranno al voto, ovvero la loro vivibilità e qualità di vita. D’accordo: tutto quell’insieme di immagini disegnate che vanno sotto l’etichetta di street art, o arte di strada, non saranno il punto numero uno fra le priorità cittadine, ma una qualche considerazione va fatta. Intanto va operata una distinzione, forse arbitraria, ma credo efficace, fra questa “arte” e il graffitismo (un capitolo a parte sono le scritte urbane, illegali ma spesso divertenti: folgorante il profilo Twitter di @StarWalls). Se trovo interessanti gli affreschi di strada, detesto con tutto il cuore le firme illeggibili (i tag) che appestano mura, portoni, edifici, spesso anche monumenti, e che hanno l’unico scopo di dire “ero qui”. Nella Capitale d’Italia basta farsi un giro a Trastevere o al Pigneto, oppure prendere una metropolitana, per rendersi conto dello sfregio quotidiano che come cittadini subiamo, costretti poi a pagare di tasca nostra la ripulitura. Sono due le esigenze che vanno soppesate: da un lato la proprietà privata (o pubblica, se parliamo di monumenti ad esempio), il cui imbrattamento viene punto dal codice penale, con pene inasprite nel 2009, e, dall’altro, il contributo che l’arte di strada può dare a rendere più belle le nostre città. In altre parole, se i graffitari vanno perseguiti senza troppi giri di parole (protesta sociale o meno, scribacchiare firme sui muri mi pare abbia ben poco di artistico), l’occasione di iniettare un po’ di bellezza non va sprecata e, anzi, promossa. Per tornare all’episodio di Bologna, non so se Alice Pasquini abbia dipinto senza autorizzazione: l’opposizione del proprietario è ostacolo praticamente invalicabile in uno Stato di diritto. E, tuttavia, se mettiamo sul piatto della bilancia la profonda bruttezza di tante nostre strade, periferiche o meno, un bel quadro urbano lo accolgo a braccia aperte. Senza scomodare la famosa teoria delle finestre rotte, il brutto attira il brutto, il buio urbano, la sciatteria e, in ultimo, il disinteresse e l’abitudine a tutto, sino al senso di impotenza. Servirà a poco, probabilmente, ma fossi un candidato sindaco, un pensierino sul come regolamentare la cosa, in modo concreto e puntuale, su spazi destinati, d’accordo con gli stessi artisti di strada e i cittadini, ce lo farei. Male che vada, le mura delle città potranno sorriderci.
Alice, l’arte di strada e le prossime elezioni cittadine
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