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Massimo Bonini, tutte le idee del nuovo segretario della Camera del lavoro di Milano

Vietato parlare di rottamazione, termine troppo renziano e di rottura nei confronti della vecchia guardia. Nei fatti però qualcosa di simile sta accadendo nella Cgil, al netto di tutte le accuse di conservatorismo che gli sono piovute addosso. Al timone della Camera del Lavoro di Milano, storica fucina di dirigenti riformisti, è arrivato da qualche settimana un giovane sindacalista pronto ad archiviare una stagione ormai alle spalle: si chiama Massimo Bonini, è più o meno coetaneo del premier Matteo Renzi e già nelle prime uscite pubbliche ha dimostrato di voler imprimere un cambio di passo all’organizzazione.

CHI E’ IL NUOVO LEADER DELLA CGIL DI MILANO

Alcuni lo descrivono come un “cigiellino atipico”, la stampa meneghina lo ha subito qualificato come un “riformista” quando nell’autunno scorso si è capito che sarebbe stato lui il successore di Graziano Gorla, promosso a Roma. Quarantuno anni e un diploma magistrale in tasca, Bonini si è fatto le ossa lavorando in un call center e proprio grazie a quell’esperienza nel 2000 ha iniziato l’attività sindacale come delegato aziendale. Un figlio del nostro tempo, dunque, uno dei tanti giovani alle prese con quel lavoro da centinaia di telefonate al giorno.
L’ingresso nel sindacato per lui arriva nel 2003, quando mette piede nella Filcams-Cgil, la categoria del terziario dove fa carriera iniziando a seguire i lavoratori della zona di Lambrate. Nel 2009 l’approdo nella segreteria milanese e regionale della Filcams, per la quale si occupa della Grande distribuzione organizzata, in particolare dei dipendenti di importanti gruppi quali Rinascente, Coin, Zara, Cash&Carry. Insomma, il lavoro precario per Bonini diventa pane quotidiano. Il grande salto arriva nel 2014: diventa segretario generale della Filcams-Cgil di Milano, tra le categorie più rappresentative, mentre la sua definitiva affermazione viene sancita dalle trattative sindacali per Expo. Infine, nel dicembre scorso, l’elezione a segretario generale della Cgil di Milano e area metropolitana con l’81% dei delegati in suo favore.

LE SUE PAROLE D’ORDINE. E QUELLE DELLA CAMUSSO

Che Bonini sia destinato a portare una ventata di cambiamento nel sindacato, lo ha dichiarato senza troppi giri di parole la segretaria generale nazionale Susanna Camusso: “Massimo ha grande curiosità dei processi di cambiamento – ha detto -, non solo per quelli già avvenuti ma anche per quelli che continueranno ad esserci. E’ la raffigurazione del rinnovamento con modalità di lavoro nuove che anche noi stiamo cercando di attuare”. Lo stesso diretto interessato ha chiesto il voto puntando su parole d’ordine quali: “Lavoro, sperimentazione, rinnovamento continuo, concretezza, coinvolgimento, valorizzazione delle competenze e continuo ascolto”. D’altronde, non sarà un caso se il Giorno lo ha catalogato come “un nome di rottura” scelto “per imprimere un’accelerata al processo di riforma dei vertici della Cgil locale, già avviato da Gorla proprio al comando delle categorie”.

LE IDEE DI BONINI SULLA CARTA DEI DIRITTI…

Il suo pensiero sul mondo del lavoro in rapida evoluzione Bonini lo ha già espresso in maniera piuttosto chiara. Lo spunto è stato la Carta dei diritti universali del Lavoro (o Nuovo statuto delle lavoratrici e dei lavoratori che dir si voglia) che la Cgil sta presentando ai suoi iscritti in giro per l’Italia proprio in queste settimane così da metterlo ai voti. In un’intervista al direttore di KONGnews.it e blogger di Formiche.net, Filippo Di Nardo (qui il testo), Bonini ha spiegato che tale documento serve a “ricostruire il diritto del lavoro per qualsiasi tipologia contrattuale perché tutti hanno diritto ad avere diritti”, spiegando che occorre andare oltre la logica della contrapposizione univoca al Jobs Act perché “l’obiettivo più ampio è quello di coinvolgere tutto il mondo del lavoro, oggi frammentato anche da questo punto di vista, in uno schema universale di diritti uguali per tutti”.

… E SU FLESSIBILITA’ E LAVORO AUTONOMO

Per Bonini inoltre flessibilità non fa rima con precarietà, “i due concetti vanno assolutamente distinti” sottolinea. “La flessibilità del lavoro – aggiunge – attiene alle forme contrattuali lecite per la gestione dei picchi di produzione e per particolari esigenze produttive”, dunque non va abolita, semmai “dobbiamo giungere ad una semplificazione spinta delle diverse tipologie contrattuali cosiddette atipiche e iperflessibili”. Ancora più netto il suo giudizio sul lavoro autonomo: “E’ un processo lungo e in questa fase è già molto importate che la mia organizzazione abbia riconosciuto che il lavoro autonomo è un pezzo del problema, cosa che in passato non avremmo fatto. La questione dell’uguaglianza dei diritti del lavoro per tutti è il futuro della nostra moderna azione sindacale”.

CAMBIO DI PASSO NELLA CGIL

A Repubblica Bonini ha manifestato altre intenzioni, sempre in un’ottica di svolta rispetto al passato. Dal fatto che “la struttura delle categorie dovrà tenere conto anche dell’aspetto anagrafico”, fino alla necessità di “rafforzare un ruolo di autonomia rispetto alla politica e far prevalere l’aspetto sindacale”, queste alcune delle sue linee guida. Non stupisce dunque che un leader Cgil così sui generis come lui partecipi a un dibattito sulle nuove forme contrattuali come quello organizzato di recente dalla Fondazione Kuliscioff di Walter Galbusera al Pirellone di Milano, dove tra i relatori figuravano un altro sindacalista riformista come Marco Bentivogli della Fim-Cisl e giuslavoristi vicini alle idee di Marco Biagi del calibro di Pietro Ichino e Tiziano Treu. Tutte persone che, tanto per fare un esempio, il segretario Fiom Maurizio Landini faticherebbe ad affiancare in un salotto culturale.


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