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Unicredit, Intesa Sanpaolo, Ubi. Ecco le bufale sui mutui bancari

popolari mps Sforza Fogliani

Le sceneggiate varie, ad opera di più artefici, sulla questione dei mutui bancari, sconfortano più che destare preoccupazione. La politica s’è gettata a pesce su questo argomento  perché in questa Italia, a mettersi contro  le banche, un  politico non ci perde mai  (semmai, ci perde l’economia: ma questo non interessa chi c’è oggi, al  massimo interesserà chi ci sarà in futuro). Il Governo – dal canto suo – ha recepito una direttiva europea migliorata, nella sua proposta, a favore del consumatore, ma non ha voluto (o saputo, o potuto) difendersi a sufficienza e con la dovuta autorevolezza. Invece, va fatta chiarezza perché le bugie devono sempre avere le gambe corte (e non sembrare di essere verità solo per l’accidia ad affrontare, con chi le sostiene, un faticoso, ma leale confronto).

Occorre, allora, sapere che la direttiva in questione (la 2014/17/UE) – avente l’obiettivo di garantire “un elevato livello di protezione dei consumatori” che sottoscrivano mutui ipotecari – prevede, all’art. 24, che “gli Stati membri non impediscono alle parti di un contratto di credito di convenire espressamente che la restituzione o il trasferimento della garanzia reale o dei proventi della vendita della garanzia reale” sia “sufficiente a rimborsare il credito”.

In applicazione di questo principio, la norma che il Governo propone di inserire nel Testo Unico Bancario stabilisce, in particolare, che le parti di un contratto di credito possano “convenire espressamente, al momento della conclusione del contratto o successivamente, che in caso di inadempimento del consumatore, la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale o dei proventi della vendita del medesimo bene” comporti “l’estinzione del debito, fermo restando il diritto del consumatore all’eccedenza”. Il valore del bene immobile oggetto della garanzia – precisa la norma – dovrà essere “stimato da un perito scelto dalle parti di comune accordo con una perizia successiva all’inadempimento”.

Ebbene, la fattispecie delineata sembra potersi qualificare come un comune “patto marciano”: un istituto che, pur non avendo un riconoscimento legislativo, è di fatto, e col favore della giurisprudenza, entrato nell’ordinamento. Perché infatti compatibile con la Costituzione e con il codice civile, sotto il profilo del rispetto del divieto di patto commissorio (con il quale patto molti improvvisati interpreti e commentatori l’hanno peraltro confuso) di cui all’art 2744 cod. civ., il quale dispone la nullità dell’accordo con cui si convenga che  “in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore”. Nel patto marciano all’esame del Parlamento, invero, il creditore diventa sì proprietario del bene ricevuto in garanzia in caso di inadempimento del debitore, ma sono previste: la stima del valore del bene ad opera di un soggetto terzo, successivamente all’inadempimento, nonché la restituzione dell’eccedenza al debitore. Ciò che, appunto, migliora, dal punto di vista del consumatore, il disposto della direttiva europea (comunque, non a caso voluta, in Europa, dalle associazioni dei consumatori).

Certo, si tratta di disposizione perfettibile: potrebbe essere espunta la locuzione “o successivamente”, se si pensa davvero che la parte “forte” possa – anche oggi, in un settore che si è aperto alla concorrenza come pochi altri – imporre qualsiasi cosa; così come, in altra parte del testo, potrebbe essere estromessa la previsione (che però rappresenta  – ad onta di ogni protesta, dura del resto da più di vent’anni – una misura di salvaguardia per il debitore) di far salva la risoluzione del contratto di credito in caso di ritardato pagamento quando lo stesso si sia verificato almeno sette volte. Si dovrebbe, ancora, prevedere che, ove le parti non trovino l’accordo circa la nomina del perito, la decisione in punto sia rimessa al Presidente del tribunale del luogo dove si trova il bene oggetto di garanzia. Va, però, sempre tenuto presente che tutto il meccanismo è rimesso alla libera volontà delle parti.

Il che comporta, ad esempio, che sui mutui in corso non potrà, in ogni caso, essere apportata alcuna modifica senza il consenso del debitore e che, senza modifica, l’illustrato meccanismo opererà, e sempre volontariamente, solo sui nuovi mutui. In sostanza, il meccanismo (con specifico riferimento all’“eccedenza”) è a favore dell’economia e, prima di tutto, dei consumatori (liberati in questo modo – ecco il punto – del debito), e non delle banche (che, anzi, sono ben contente – nella situazione di oggi – che non sia già in vigore). Sono del resto i consumatori che hanno interesse a non subire espropriazioni forzate, i cui costi ed i cui magri ricavi – oggi una costante – si scaricano proprio su di loro. Ma tant’è, in Europa si ragiona in un modo e in Italia in un altro: solo quello, con certa politica, del tornaconto elettorale, inseguendo la moda suicida di andare sempre, e comunque, “contro le banche”, anche quando non proprio di questo si tratta.


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