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Ecco come in Germania si sta gonfiando una bolla immobiliare

ANGELA MERKEL MATTEO RENZI

Nonostante la cautela usata dalla Bce, che ha fatto divieto alle banche di utilizzare i fondi erogati con le T-Ltro per finanziare mutui immobiliari, in Germania c’è il rischio di una bolla immobiliare: è un effetto travaso, visto lo scarso rendimento degli altri asset. E’ stato il recente rapporto trimestrale della Bri a lanciare questo allarme sui sintomi di stress per il credito interno tedesco. In Europa, solo la Francia si trova in situazione di allerta analoga, anche se ad un livello meno elevato, per via della forte sensibilità ad una crescita dei tassi di interesse.

Gli effetti collaterali delle politiche monetarie accomodanti colpiscono anche i Paesi che, come la Germania, ne stanno approfittando ampiamente per via dei tassi di interesse più moderati. Se è pur vero che con i tassi di interesse negativi su una lunga parte della curva delle scadenze sui Bund, detenuti prevalentemente dall’estero, la spesa pubblica tedesca è addirittura finanziata dagli investitori stranieri, visto che a scadenza viene rimborsato un capitale inferiore a quello prestato, è altrettanto vero che la grande liquidità a basso costo sta portanto ad una impennata dei prezzi degli asset immobiliari tedeschi, che hanno registrato un incremento del 10,6% rispetto al 2010.

C’è un rischio bolla immobiliare anche in Giappone, che ha segnato un +13,6%: si finanziano con i mutui bancari acquisti immobiliari a prezzi crescenti, che potrebbero poi non essere più riconosciuti sostenibili sul mercato. Chi avesse comprato per approfittare del trend crescente (soprattutto con la formula del “buy to rent”) si troverebbe in perdita, innescando una spirale che trascinerebbe a valanga le quotazioni. Il Giappone però, diversamente dalla Germania, ha anche un rischio dipendente dall’accresciuto andamento del debito interno rispetto al Pil.

In Italia, il rapporto tra prezzi degli immobili e pil segna profondissimo -16,2: il crollo dei prezzi è stato il frutto del comnbinarsi di recessione e tassazione patrimoniale. Ma non è affatto un gran sollievo per le banche italiane, che hanno in garanzia dei loro crediti asset immobiliari: le oscillazioni, anche verso il basso, sono negative.

Come elemento positivo, la Bri segnala viceversa la contrazione dei rapporti tra crescita del credito ed andamento del pil: è l’indicatore di una minore dipendenza dal credito. In Italia siamo a -10,8 mentre la “disintossicazione” raggiunge livelli addirittura imponenti in Portogallo, Spagna e Grecia, che segnano rispettivamente -36, -44,2 e -10,9. Sul versante opposto si collocano la Cina con il +27,6 e la Turchia con +15,6.

I paesi più esposti a stress bancari, per la rilevanza di indicatori negativi, sarebbero nell’ordine: Brasile, Cina, Turchia, Canada e Australia. Da Basilea, nessun segnale rosso per l’Italia: a bastonarci, ci penserà Bruxelles.

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