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Cosa chiedono le Bcc del Sud sulla riforma in fieri

iccrea, bcc

Dopo le Popolari anche le Banche di Credito Cooperativo sono oggetto di una riforma che sta suscitando non pochi malumori e valutazioni contrastanti tra gli stessi operatori del settore.

Il punto nodale non è riforma sì o riforma no. Noi crediamo che una razionalizzazione del sistema vada effettuata e che possa addirittura rappresentare un’occasione di crescita e consolidamento della rete, a patto che non ne snaturi i principi fondanti dell’autonomia e del radicamento nel territorio.

Purtroppo questa riforma nasce con un peccato originale: non è frutto del coinvolgimento effettivo delle banche che fanno parte del sistema, ma arriva dagli organismi di rappresentanza della categoria con diversi elementi ancora poco chiari. Primo fra tutti: “il patto di coesione” che dovrebbe regolare i rapporti tra le singole Bcc e la holding (capogruppo). Dopo un anno di lavoro non è ancora noto e rischia di trasformarsi in patto di dominio imposto dall’alto. Altro punto oscuro è la governance: rischiamo di essere ridotti a semplici filiali di un gruppo a trazione nordista con tanti saluti alle necessità di credito del Mezzogiorno per rilanciare investimenti e sviluppo di cui tanto ci sarebbe bisogno.

È evidente che la riforma debba essere migliorata, altrimenti rischia di creare non pochi problemi. Tra i correttivi evidenziamo: la possibilità di dar vita a più holding riducendo la quota di capitale necessario, ridurre drasticamente il patrimonio minimo per la way out, garantire nella governance della capogruppo una rappresentanza significativa delle banche meridionali.

Le Bcc, in questo momento, sono molto preoccupate per quello che si prospetta. Le singole realtà non sono mai state ascoltate veramente. Dico di più: le nostre proteste, le nostre prese di posizione – e mi riferisco alla base delle Bcc – vengono fuori, in termini di visibilità, a fatica. Bisogna fare in modo, invece, che ogni Bcc possa scegliere il proprio futuro, magari anche attraverso aggregazioni con altre realtà territoriali, al fine di rafforzare la capacità di risposta alle comunità di riferimento. In pratica dobbiamo lottare affinché le risorse del Sud siano gestite ed amministrate da chi le ha create con sacrificio e non espropriate da una governance sbilanciata verso il Centro-Nord.

La politica deve essere sensibile a questi temi. Da parte nostra stiamo facendo il possibile per essere ascoltati e per far capire che il bene più importante da preservare è rappresentato dalle migliaia di soci, dai milioni di clienti e non da alcune poltrone. Spero che la politica capisca che questa, così come presentata, non è una riforma che aiuta il Mezzogiorno. Si rischiano problemi costituzionali: noi siamo società private che verrebbero di fatto espropriate. C’è chi ha già posto la questione nelle sedi competenti ed è chiaro che daremo anche noi battaglia. La proposta è quella di lasciare a noi libertà di aggregazione. Penso a realtà limitrofe, ad integrazioni su base territoriale. Vogliamo che lo spirito delle banche di credito cooperativo resti mutualistico.

Devono lasciarci la facoltà di scegliere il nostro futuro. La nostra banca, che è già un punto di riferimento in tanti comuni della Puglia, deve restare ancorata al territorio e alla sua gente. Abbiamo 60 anni di storia da salvaguardare e tanti sacrifici messi in campo per renderci autonomi e sempre al passo con i tempi. D’altronde i nostri dati di bilancio ci confortano, nonostante le difficoltà che sta attraversando il Paese. Tutto questo non può non essere preso in considerazione.



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