Se i cristianodemocratici tremano, i socialdemocratici sono terrorizzati. I sondaggi relativi alle elezioni regionali che si terranno domenica nei tre länder Baden-Württemberg, Rheinland-Pfalz e Sachsen-Anhalt non promettono nulla di buono per loro. Eccezion fatta per il Baden-Württemberg, dove a contendersi la guida del land sono due donne: la governatrice uscente dell’Spd Malu Dreyer e la sfidante della Cdu Julia Klöckner. In questo land i due partiti sono, secondo gli ultimi rilevamenti dell’istituto Forsa del 9 marzo, testa a testa con il 35 per cento. Nel Rheinland-Pfalz, invece, dove i socialdemocratici sono partner di minoranza del governo guidato dal verde Winfried Kretschmann, l’Spd è al 16 per cento, la Cdu al 27 per cento e i Verdi al 32 per cento. Altrettanto preoccupante è la situazione dei socialdemocratici nel land orientale Sachsen-Anhalt. Lì arrivano al 17 per cento, superati dalla Linke (Sinistra) al 20 per cento e dalla Cdu al 30 per cento.
L’Spd un po’ di fiducia potrebbe averla riguadagnata sulla base dei risultati delle comunali di fine settimana scorsa in Assia. Lì la Cdu si è affermata con il 28,9 per cento dei voti il partito più forte, seguito a ruota dall’Spd con il 28,5 per cento. Non ci fossero i guastafeste della Alternative für Deutschland (AFD), il nemico numero uno (per entrambi i partiti popolari, Volksparteien, come vengono chiamati in tedesco). È vero che questo partito di matrice populista ha ottenuto meno voti del previsto, ma comunque sia è arrivato all’11 per cento. E lo stesso risultato potrebbero ottenere domenica in tutte e tre le regioni.
Perché come in Assia, così nei tre länder, pur non trattandosi di elezioni politiche, è fuori dubbio che gli elettori esprimeranno il loro voto in primo luogo sulla gestione dei profughi. Cioè sulla strategia della kanzlerin, nonché capo della Cdu, Angela Merkel. Una strategia che i socialdemocratici, in veste di leale partner di coalizione, hanno sostenuto, senza se e senza ma, fino a poco tempo fa. Fino a quando cioè si sono accorti che la loro lealtà non stava pagando.
Per questo Sigmar Gabriel ha iniziato a smarcarsi. E così, qualche settimana fa lo si sentiva dire che, bisognava pur dar ascolto a quella crescente moltitudine di tedeschi convinti che “per i profughi ci sono soldi a sufficienza, per noi invece non c’è nulla”. Una mossa che non è piaciuta affatto a Merkel. Ma Gabriel non le ha dato retta ed è andato dritto per la sua strada. Il 23 marzo si riunirà la coalizione di governo per stabilire i punti salienti della legge di stabilità 2017. Il capo dell’Spd vuole ora che tra i punti all’ordine del giorno vi siano anche i 12,8 miliardi di euro accantonati nel 2015. Preventivati come copertura alle spese di accoglienza e integrazione dei profughi, dovrebbero secondo Gabriel andare invece in parte anche in investimenti a favore dei cittadini tedeschi. Per esempio nella costruzione di asili e scuole, e ancora nell’edilizia popolare.
Questa mossa è ovviamente dettata da una forte preoccupazione. Altrimenti Gabriel non si sarebbe sognato di scontrarsi con il cerbero numero uno della nazione: Wolfgang Schäuble.
Sa benissimo che il ministro delle Finanze proprio non ci sente da quella parte. Come lo sanno bene Matteo Renzi e Alexis Tsipras: Schäuble fino a oggi si è mostrato sordo alle richieste di Roma e Atene di scorporare le spese sostenute per i profughi dalla leggi di stabilità. E lo stesso vale per la Germania.
A replicare a Gabriel è stato Eckhardt Rehberg, portavoce parlamentare dell’Unione (Cdu-Csu) in materia bilancio. Intervistato dal quotidiano Süddeutsche Zeitung ha messo in luce le contraddizioni di Gabriel. Il quale lo scorso 26 novembre al Bundestag difendeva una legge di stabilità che escludeva un nuovo indebitamento e ora pretende l’esatto contrario. Perché, spiegava Rehberg, i 12,8 miliardi di euro sono già stati pianificati: metà per sostenere l’integrazione dei profughi quest’anno e l’altra metà per continuare a finanziare l’integrazione l’anno prossimo. A rispondere al deputato cristianodemocratico è stato Carsten Schneider membro del direttorio dell’Spd. Secondo lui, invece, la posizione Schäuble è indifendibile, perché a sentire il ministro, nulla è possibile. Non si possono aumentare le tasse, non si possono fare nuovi debiti.
Perché non pensare allora a una diversa lista delle spese? O perché non tagliare una serie di benefit e sovvenzioni? A parte il fatto, faceva notare Carsten, che grazie agli interessi praticamente pari a zero, Schäuble dispone di ulteriori due miliari di euro. A queste osservazione il ministero delle Finanze ripete che sono già stati stanziati fondi maggiori per il ministero del Lavoro, per quello degli Esteri, dell’Ambiente ed dell’Edilizia. Per tutti gli altri vale invece il diktat: eventuali costi aggiuntivi devono essere finanziati attraverso tagli nei propri ministeri. Gabriel minaccia di far saltare ora l’incontro del 23 marzo, ma sa probabilmente anche che questa sua mossa arriva fuori tempo massimo per cambiare le intenzioni di voto degli elettori.
Perché chi approva la politica sui profughi di Merkel vota Cdu o chi fino a oggi l’ha appoggiata senza ripensamenti: come il governatore verde Kretschmann o la governatrice Dreyer. Non è ancora detto che Dreyer riuscirà a vincere le elezioni. Ma la rimonta di Dreyer è dovuta in massima parte al tentativo di Klöckner di smarcarsi da Merkel. Nel suo piano A2 presentato qualche settimana fa, Klöckner chiedeva un contingente giornaliero fisso di profughi da far entrare in Germania. Qualcuno vede in questa politica 43enne una possibile erede di Merkel, ma l’essersi ultimamente distanziata dalla kanzlerin, potrebbe rivelarsi un errore.