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Il pasticcio primarie può davvero indebolire Renzi?

MATTEO RENZI

Ma è proprio vero che il “pasticciaccio (delle primarie) rivela l’affanno dei democratici” e del premier come è stato scritto? Il passato come le tre sfide più importati su piazza sembrano descrivere un’altra realtà. Innanzitutto il passato. 

Sebbene la storia si ripeta prima come tragedia poi come farsa, l’annullamento delle primarie a Palermo con la relativa incoronazione del “redivivo” Leoluca Orlando ma ancor di più l’indimenticabile vicenda ligure con le feroci contestazioni sull’esito delle primarie, la conseguente candidatura di disturbo e l’annunciata sconfitta del Pd, hanno portato male solo ai contestatori: Cofferati in primis, non all’inquilino di Palazzi Chigi.

Certo le vicende di domenica scorsa registrate a Roma, ma soprattutto, a Napoli dimostrano le molte lacune imputabili allo strumento ma, principalmente, le molte “smagliature” del partitone a livello locale. Smagliature capaci di gettare ombre sull’operato del Nazareno, non certo sul premier. Del resto Renzi è il segretario del Pd quando c’è da dettare la linea:  segreterie lampo, discorso, plebiscito e tutti a casa! Per “le torte in faccia” ci sono, all’uopo, Guerrini e Serracchiani.

Quanto al presente la solfa sembra  non cambiare. A Napoli, dopo il ricorso, il contro-ricorso, la manifestazione e la minaccia della lista civica (il “ras” di Napoli si candiderà solo “se sarà in grado di farcela”: capisca chi può!), Bassolino si prenderà ogni responsabilità – da sostenitore convinto di Renzi; ecco la farsa- di una eventuale vittoria di De Magistris, trasformando il Pd in vittima predestinata.

Stessa zuppa, seppure assai più ricca e gustosa (immancabili le rinomate “cotiche gallipoliane”), si prospetta a Roma dove Giachetti, che può ambire con ottime possibilità al ballottaggio, potrebbe venire in qualche modo azzoppato da quell’ala speranzosa del Pd che vedrebbe di buon occhio una discesa in campo indifferentemente (pur di farla pagare al premier) dell’ex ministro Bray o dell’ex sindaco Marino, oppure ancora, dell’ex vice-ministro Fassina. Ala che se il Pd dovesse mancare anche il minimo traguardo, ovvero il secondo turno, ha già depositata in banca l’imputazione di “traditrice” con relativa lettera di “licenziamento”.

Ma è proprio il secondo turno che potrebbe diventare il banco di rivincita per Renzi. In quel caso la minoranza, a Roma come nella città di Pulcinella, a quale tram potrà attaccarsi?

Infine c’è la partita di Palazzo Marino. Quella che per Palazzo Chigi doveva essere “una passeggiata trionfale all’ombra della Madunina”, si sta rivelando una partita irta d’ostacoli sia per i malumori dei “pisapiani” che talmente pieni di sé si sono snobbati e divisi alle primarie agevolando l’avanzata renziana (parafrasando Moretti: “con questi, Renzi vincerà sempre!”), sia soprattutto, per l’ottima scelta di un centrodestra che attorno a Parisi è tornato a far squadra: merito del candidato, s’intende!

È a Milano che Renzi rischia molto, ma è sempre a Milano che i cosiddetti “arancioni” (come si fanno chiamare i “pisapiani”) hanno in mano quel “piatto di lenticchie” che se Sala perde non vedranno mai più.

Ai “resistenti” della sinistra l’ardua sentenza: mangiare la minestra o saltare la finestra!



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