Alla fine il terzo gruppo bancario italiano nascerà. La tormentata fusione tra la Banca Popolare di Milano e il Banco Popolare ha avuto il via libera dei rispettivi consigli di amministrazione. A partire da un giudizio positivo arrivato dall’agenzia di rating Moody’s. Dunque uno degli scogli, ossia l’aumento di capitale che era stato richiesto dalla Bce per il Banco Popolare, è stato accettato dall’istituto veronese, come ha detto Pierfrancesco Saviotti del Banco Popolare in un’intervista al quotidiano il Sole 24 Ore di oggi. Ecco numeri, analisi e scenari.
IL GIUDIZIO DI MOODY’S
“Operazione che, nel lungo termine, condurrà a risparmi sui costi e una maggiore diversificazione” e sarà “positiva” in termini di merito di credito dando vita al terzo gruppo bancario del paese. E’ questo il giudizio dell’agenzia di rating Moody’s sul progetto di fusione tra la Banca popolare di Milano (Bpm) e il Banco Popolare. Rimangono comunque rischi di “breve termine” sul matrimonio tra i due istituti di credito, una progetto di unione che dovrà innanzitutto passare al vaglio delle rispettive assemblee dei soci. Tra i rischi di esecuzione di breve termine, Moody’s cita quelli relativi all’integrazione del comparto It, il confronto con i sindacati sugli esuberi. Poi due sfide. In primis quella sulla qualità dell’attivo, “in particolare lo stock di crediti deteriorati è molto elevato e dovrà esserne aumentata la copertura”. Poi quella della redditività che si dovrà confrontare con uno scenario di “bassi tassi di interesse e bassa crescita dei prestiti”.
LE STIME
Scrive Fabio Pavesi del Sole 24 Ore: “Solo per le sinergie di costo si stimano risparmi che vanno dal 9% al 13% della nuova entità che valgono rispettivamente 290 milioni fino a 420 milioni nell’ipotesi migliore. Anche il posizionamento della rete complessiva è ritenuto appetibile con il 77% degli sportelli nel Nord del Paese, il 35% concentrato nella regione traino, la Lombardia, e una quota di mercato del 16% sicuramente interessante. Il vantaggio vero dell’operazione è che non vanno a sposarsi due banche con eccessive criticità che sovrapposte moltiplicherebbero”.
BPM-BP: SOLO ALLA PARI
Bpm era stata individuata da principio come un bocconcino succulento in quello che un anno e mezzo fa si preannunciava, con la riforma di Renzi sulle Popolari, come un nuovo risico bancario all’italiana. Ma l’ad Giuseppe Castagna non ci sta a fare la preda e aveva chiarito che la fusione sarebbe avvenuta solo alla pari, forte anche di un bilancio 2015, “il migliore della storia di Bpm”.
UNA BANCA CON I NUMERI
E non si può negare che Castagna abbia realizzato un vero e proprio turnaround per la Popolare milanese: che dalla perdita di 614 milioni del 2011 è tornata in utile per 30 milioni nel 2013 per poi crescere senza sosta nei due anni successivi.Con le rettifiche nette su crediti e altre operazioni passate da -483 a -342 milioni.
IL BILANCIO 2015
I numeri del bilancio 2015 sono tutti in crescita: l’utile netto a 288,9 milioni (+24,4% e +83,4% se si considera il dato normalizzato, ovvero al netto delle componenti non ricorrenti). Anche i ricavi core (margine di interesse e commissioni nette) sono in salita: +4,4% a fronte di commissioni netti a +8,9% e margine di interesse che segna lo 0,8% in più rispetto al 2014, un dato, quest’ultimo, non banale in un contesto di continua revisione patrimoniale imposto dall’Ue. Come non banale è l’11,53% di Core Tier 1 che arriva al 12,21% a pieno regime, ovvero con la completa implementazione di Basilea 3. Bpm si è distinta, nel contesto italiano, anche sui volumi: gli impieghi alla clientela sono cresciuti del 6,6% contro una media di sistema a +0,5%, rilevata dall’outlook mensile di Abi. Inferiore alla media anche l’incidenza delle sofferenze nette: a 4,4% contro il 4,89% con le nuove posizioni deteriorate in calo del 33%.
TEXAS RATIO MIGLIORE DELLA MEDIA
Il Texas ratio, l’indice che misura la probabilità di fallimento della banca come rapporto tra crediti deteriorati netti e capitale più riserve e meno attività immateriali, si attesta all’86,2%. Un valore che si confronta, osserva Giovanni Pons su Repubblica “contro una media delle migliori banche tra 1 e 1,1 e ben lontano dai due casi estremi di Monte dei Paschi con 2,4 e del Banco Popolare con 2,18. L’abbraccio tra Bpm e la banca di Saviotti produrrà un Texas ratio di 1,63, non certo ai livelli migliori ma migliorabile con il tempo”.
IL CONFRONTO TRA BPM E BANCO POPOLARE
Ma è sulla qualità del credito, secondo gli analisti, che si fa netta la differenza tra Bpm e il Banco Popolare. Scrive Pavesi del Sole 24 Ore: “Tutti sanno che il Banco è uno degli istituti italiani su cui pesa di più la zavorra dei crediti malati. Pur in forte riduzione (lo stock di crediti deteriorati lordi sono scesi di 1 miliardo nel 2015) tuttora il Banco ha un livello di crediti malati netti di ben 14 miliardi. Sono il 17% degli impieghi e 1,7 volte il capitale. E non un mistero che il Texas ratio del Banco sia da tempo ben sopra il livello di guardia. Ma se questo rimane il nervo scoperto della banca va detto che il 2015 ha segnato un vero e proprio cambio di passo dopo anni di difficoltà. Il Banco l’anno scorso ha prodotto il primo utile significativo per 430 milioni, dopo le perdite miliardarie cumulate dal 2011 al 2014. Il Roe viaggia vicino al 5% e soprattutto sono in forte decelerazione le rettifiche sui crediti passate a solo 800 milioni nel 2015 dagli oltre 3,5 miliardi del 2014. Non solo ma si è invertita la tendenza all’ingresso di nuovi flussi netti di crediti malati scesi in un anno del 66%. Il Cet1 è più che adeguato al 13,2%”.