“Molte strade, ferrovie e vie d’acqua si trovano in uno stato pietoso… Ma sono soprattutto i ponti a mostrare i segni evidenti dell’usura. D’altro canto due terzi di questi hanno almeno 30 anni di servizio alle spalle. Secondo il Ministero delle Infrastrutture sono più di 2500 i segmenti che versano in cattivo o addirittura pessimo stato”.
Una descrizione che, senza indicazione geografica, lascia immaginare che si stia parlando dell’Italia. Ma non è così. Il capoverso è tratto da un articolo della Süddeutsche Zeitung e si riferisce alla Germania. Che le infrastrutture siano una nota dolente del sistema Paese è un tema ricorrente nei giornali. Da tempo è motivo di scontento, per esempio, per le grandi imprese di trasporto e logistiche del Paese. Ma tutto deve procedere secondo un ordine prestabilito. E l’ordine prestabilito prevede che il Ministero delle Infrastrutture presenti ogni 15 anni un nuovo piano di investimenti infrastrutturali per i successivi 15 anni.
E visto che l’ultimo era stato approvato nel 2015 si è dovuto aspettare fino a quest’anno. Ora però c’è, per quanto ancora sotto forma di bozza. A presentarlo è stato giovedì scorso il ministro delle Infrastrutture, il cristiano sociale Alexander Dobrindt (nella foto). Il più ambizioso piano mai presentato, l’ha definito il ministro stesso e, in effetti, l’ammontare complessivo degli investimenti previsti è considerevole: 260 miliardi di euro, 91 miliardi in più rispetto al precedente piano del 2001.
Metà dei fondi saranno destinati alle strade, un 40% alle ferrovie e il restante 10% alle vie d’acqua. La spesa maggiore riguarderà la rimessa in sesto delle infrastrutture esistenti e solo un terzo sarà destinato a nuovi progetti: “per le strade” vuol dire 50 miliardi per nuove infrastrutture di “decongestionamento” del traffico. Infine, la parte più consistente degli investimenti sarà destinato questa volta ai Länder occidentali, quelli orientali erano stati rimessi a nuovo dopo la caduta del Muro.
Come riporta il quotidiano Die Welt quello dell’ammodernamento delle infrastrutture è un tema che sollecita gli appetiti dei Länder, così come dei comuni, tant’è che complessivamente sono stati presentati più di duemila progetti. Di questi però solo mille ce l’hanno fatta a superare la selezione.
Ad essere state privilegiate, sono le grandi assi di comunicazione stradale e del trasporto su rotaia, sia di merci che di persone. Ed è sopratutto il potenziamento ferroviario a premere al ministro. Se tutto va come il governo spera, entro il 2030 il trasporto su ferro delle persone sarà cresciuto del 15% e quello delle merci del 40%. Un obiettivo che anche nella direzione auspicata dall’Ue, disposta a sostenere più attivamente i grandi corridoi ferroviari piuttosto che quelli stradali.
Ciò nonostante si dovrà mettere mano anche alle strade. Perché come riporta la bozza del piano, la rete stradale va liberata dai numerosi colli di bottiglia che complessivamente interessano 1700 chilometri (quelli su rotaia si aggirano sui 700 chilometri).
Se per il ministro è un piano di ampio respiro, la Welt controbatte che questo masterplan non è coperto completamente. E facendo i conti in tasca al ministero, arriva a un massimo di 124,9 miliardi di euro disponibili per lo stesso. Il che vuol dire, finire i lavori già iniziati e dare la priorità a quelli nuovi più urgenti. Per esempio a progetti finalizzati a rendere più fluido il traffico interregionale.
Un altro problema sollevato dalla Welt riguarda la tempistica. E cioè se i progetti scelti saranno messi a punto in tempo utile per la realizzazione entro il 2030. Non solo le lungaggini burocratiche affliggono anche alcune regioni tedesche, a ciò potrebbero aggiungere le resistenze di alcune amministrazioni locali, se i loro progetti non sono stati inclusi. Progetti la cui realizzazione significa anche voti nelle future elezioni locali, regionali o politiche.
Un obiettivo che persegue probabilmente anche Dobrindt, nel settembre del 2017 ci sono le politiche, l’anno successivo le regionali in Baviera (regione dalla quale proviene). Ha bisogno di un riscatto dopo il fallimento del suo piano di far pagare il pedaggio autostradale solo agli stranieri.
Forse anche per questo ha avuto fretta dia presentare il piano 2030 e decidendo inoltre di sottoporlo a un dibattito pubblico per un certo periodo. Due decisioni prese da solo e che, per questo, hanno irritato il ministro per l’Ambiente, la socialdemocratica Barbara Hendricks. Secondo i Verdi, poi, si tratta di un piano con parecchie lacune sul piano ambientale. Ma visto che il Bundestag lo voterà solo in autunno, c’è ancora tempo per eventuali modifiche.
Ultima considerazione che i media non fanno ancora, ma pare abbastanza lampante. È vero che la scadenza del vecchio piano e l’elaborazione del nuovo rispondono a una tempistica decisa da tempo. Ciò nonostante è indubbiamente fortunata. Molti dei progetti non necessitano di una manodopera esclusivamente specializzata, ci sarà bisogna anche di semplice manovalanza. E questo potrebbe facilitare l’inserimento lavorativo di una parte dei rifugiati aventi diritto d‘asilo. E come è noto, più persone lavorano, più aumenta il gettito fiscale. Il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble ne sarà contento.