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Sfida da 43 miliardi per i finanziamenti europei all’Italia

Di tempo ne è rimasto poco. Entro fine anno il nostro paese dovrebbe riuscire ad approvare i piani per l’utilizzo dei fondi che l’Europa mette a disposizione per investimenti strutturali. Un ammontare cospicuo, che la Commissione Ue, nel suo ultimo Country report dedicato all’Italia ricorda superare i 43 miliardi di euro fino al 2020, una cifra che pesa 0,4 punti di pil l’anno ed equivale al 15% degli investimenti pubblici previsti nell’arco di vigenza del piano.
Di tempo ne è rimasto poco. Entro fine anno il nostro paese dovrebbe riuscire ad approvare i piani per l’utilizzo dei fondi che l’Europa mette a disposizione per investimenti strutturali. Un ammontare cospicuo, che la Commissione Ue, nel suo ultimo Country report dedicato all’Italia ricorda superare i 43 miliardi di euro fino al 2020, una cifra che pesa 0,4 punti di pil l’anno ed equivale al 15% degli investimenti pubblici previsti nell’arco di vigenza del piano.

Poiché le chiacchiere stanno a zero – come quelle sulla nostra storica incapacità di spendere i fondi del ESIF (European Structural and Investment Funds) – sarebbe il caso che le varie amministrazioni pubbliche che sono incaricate di farsi venire idee e poi di portarle a compimento si rimboccassero le maniche e per una volta ci stupissero. Anche perché questi denari, che rischiano di esserci sottratti se non vengono utilizzati, sono una delle ragioni che dovrebbero motivare il nostro appartenere all’Unione. Non a caso la Commissione osserva che “i programmi operativi sono un passo importante nella direzione del miglioramento della capacità amministrativa di utilizzarli”.

Giusto per ricordarlo, questi fondi sono pensati per sostenere programmi di sostegno in vari settori del paese, dalla lotta alla povertà ai miglioramenti infrastrutturali e del mercato del lavoro e dell’istruzione, tutti temi che dovrebbero suscitare sensibilità fra i nostri politici e amministratori. L’Italia peraltro beneficia di un altro capitolo del bilancio europeo che ha stanziato 567 milioni per il lavoro giovanile, che si aggiungono ad altri finanziamenti del Fondo sociale europeo proprio per supportare i giovani e il loro incontro con il mercato del lavoro. C’è poi un altro miliardo per investimenti nei trasporti che l’Italia ha prenotato nell’ambito del piano Connecting Europe Facility.
Tutte belle cose, quindi. stando così le cose, abbiamo pochi alibi. O la nostra classe dirigente, che è composta non solo dai politici ma anche dai burocrati, dimostra di essere all’altezza del compito, o dobbiamo rassegnarci a pensare che non è soltanto l’Europa ad essere brutta e cattiva.

Ci mettiamo anche di nostro.

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