Quante sono le donne architetto del ‘900?
E quante hanno lasciato una traccia tangibile e memorabile?
E quante hanno lasciato la testimonianza di una loro opera a Roma?
Certamente un punto di riferimento al femminile, una vera fonte di ispirazione per tutte le donne, data la sua capacità di unire alla visione e all’intelletto, una grande personalità, è Zaha Hadid. E a parte l’architetto friulana Gae Aulenti che ha fatto quello scempio di restauro del palazzo delle Scuderie al Quirinale a Roma, non mi viene in mente nessun altra.
Invece l’opera di Zaha Hadid, il museo nazionale delle arti del XXI secolo, il MAXXI appunto, quello sì che è uno spazio che ha cambiato la visione delle cose! Non solo un raccordo prospettico dalla città dell’arte a quella della musica, che vede uniti in un orizzonte comune l’Auditorium del Parco della Musica fino al ponte della Musica-Armando Trovajoli. (Quest’ultimo altra indiscussa meravigliosa opera, che sorge sul Tevere e congiunge il quartiere Flaminio del museo MAXXI e teatro Olimpico, con il complesso sportivo del Foro Italico creando un legame indissolubile fatto di Arte, Musica e Sport in un unico orizzonte visivo).
La visione innovativa di Zaha Hadid ridisegna la prospettiva urbanistica ed architettonica, rendendola capace di integrarsi nel tessuto urbano circostante con naturalezza e dinamismo. Fu proprio questa capacità che portò la giuria a decretare come progetto vincitore per il museo MAXXI quello realizzato da Zaha Hadid a fine febbraio 1999.
La ex caserma Montello al Flaminio nel suo grande complesso di officine e padiglioni militari (da anni inutilizzati), diventarono così un campus multifunzionale (dalle funzioni museali ai laboratori di ricerca e di supporto al museo) a spazi per eventi. Non a caso qui al MAXXI ho, oltre che visitato mostre dal design all’arte alla moda, assistito a presentazioni, dibattiti fino a sfilate di moda durante Altaroma. Il progetto di Zaha Hadid emerge per la creatività basato nel contrasto dei geometrismi del grigio cemento interrotto da forme addolcite da improvvise curve di un rosso fiammante che delinea percorsi a diversi livelli legati da un fil rouge di un sistema dinamico e continuo.
Le linee del design architettonico coesistono e si integrano perfettamente nel contesto preesiste, manifestando il rispetto di un’armonia urbanistica frutto di una logica che ancora oggi ha la sua funzione visiva.
Insomma Zaha Hadid per me è un mito. Ho avuto la fortuna di ammirare le sue opere anche in giro per il mondo, come nell’isola di Saadiyat, nel Golfo Persico degli Emirati Arabi Uniti.
Quanti progetti aveva ancora nei suoi cassetti e nella sua mente?
Vorrei leggere nei suoi pensieri, o averla conosciuta. Certo i collaboratori dei suoi studi in giro per il mondo hanno perso una guida ineguagliabile, ma la fortuna di aver collaborato con una archistar così credo sia il sogno di ogni professionista.
Il mio saluto va a Zaha Hadid, la grande designer d’origine irachena, che il 31 marzo scorso si è improvvisamente spenta a Miami per una crisi cardiaca all’età di 64 anni. Omaggio ad una donna astratta e logica, forte e spettacolare, che ha rappresentato, e continuerà a farlo, il design del 900.