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Boccia: equilibrio e cultura industriale al potere

VINCENZO BOCCIA CONFINDUSTRIA

 

 

L’elezione a Presidente di Confindustria di Vincenzo Boccia permette alcune riflessioni sia nel metodo sia nel merito. Dal punto di vista del metodo è stato un grande test di democrazia.

La Commissione dei Saggi ha ascoltato centinaia di operatori economici, ha ascoltato i quattro iniziali candidati, li ha infine ridotti a due. Se si considera che Boccia ha preso 100 voti, Vacchi 91, che tre dei grandi elettori erano in missione in Qatar ed uno assente giustificato per motivi di salute, il messaggio che si può cogliere è quello di una partecipazione totale, appassionata, con momenti di tifo spinto e con i due candidati che hanno dato prova di signorilità e fairplay indiscutibili. Si parla tanto di crisi della partecipazione, ma qui ci troviamo di fronte esattamente all’opposto. Altro che primarie online o pasticciate.

Anche il dopo elezioni è stata una novità positiva perché il candidato sconfitto Vacchi ha subito riconosciuto l’onore delle armi al vincitore e ha dato la sua disponibilità ad una ricomposizione. Se questo vale per Vacchi, vale tanto più per Boccia che ha fatto del dialogo, della concertazione e della partecipazione la cifra ed il dna della sua esperienza associativa. Ad una lettura attenta i programmi non sono così distanti, ed entrambi impegnativi.

Sul piano dei contenuti Boccia ha mostrato equilibrio e cultura industriale.

  1. Va affrontata la questione della produttività e del rapporto costo del lavoro/unità di prodotto;
  2. Una organica riflessione di politica economica che porti a ridurre il deficit competitivo con, ad esempio, le aziende tedesche. A parità di condizioni, per ogni 100 euro di tasse che paga l’impresa tedesca la nostra paga 120 euro, quindi, questione produttiva e questione fiscale;
  3. Va drasticamente ridotto il gap infrastrutturale. Il manifatturiero è vitale, ma se non c’è un sistema trasportistico che lo colloca in condizioni di mercato siamo enormemente danneggiati. Occorre perciò un concetto largo di politica industriale che comprenda il manifatturiero, i trasporti, le infrastrutture, la digitalizzazione (ancora troppo Cenerentola).

In questa cornice va enucleato ed approfondito il tema fondamentale dei contratti di lavoro. Da un lato il contratto nazionale che deve essere una serie di regole e di accordi generali che valgono per tutti (ed in particolare per chi non ha gli integrativi) e poi i contratti aziendali di secondo livello che coniughino modalità organizzative innovative, investimenti e situazioni premiali per i lavoratori. La partecipazione insomma, che ha dato buona prova di se in Germania, anche se fra i padri della stessa vi era un illustre politico italiano (cfr. Amintore Fanfani).

Per Boccia insomma un cammino non facile, ma l’uomo ha dalla sua la consapevolezza della sfida, il senso dell’unità ed anche l’entusiasmo per una vittoria sul filo di lana e la saggezza popolare ci rammenta che “la fortuna aiuta gli audaci”.


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