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Trivelle: se non si conosce il quesito referendario, meglio astenersi

Mi sembra di rivedere il film del nucleare. Ero ragazzino, ma i ricordi sono abbastanza nitidi.
“Grazie” ai no nukes, l’Italia rinunciò a costruire centrali nucleari, ma solo pochi anni dopo Enel stringeva importanti accordi con EDF (incluse JV) per produrre energia altrove e importarla con maggiori costi.
Ecco i frutti di una scelta di una campagna propagandistica ecologista che non ha mai davvero incontrato una opposizione altrettanto efficace (salve le poche eccezioni , come Carlo Stagnaro) da parte dei sostenitori della necessità di rinnovare e costruire centrali nucleari di nuova generazione. Nuove centrali che, a quanto leggo, sono decisamente più sicure di quelle attuali.
Ma andiamo alle trivelle, con un referendum chiesto appositamente per confondere il povero cittadino che impiegherà un pomeriggio per comprendere il quesito, ma verso il quale disinformazione e demagogia non mancano per fargli votare Sì (cioè NO alle trivelle) senza forse nemmeno realizzare le conseguenze.

Quello che poi emerge senza sorprender troppo (come sottolineato saggiamente da Luciano Capone su Il Foglio quest’oggi) è che i comitati promotori del referendum nonché i partiti schierati tutto stanno facendo tranne che spiegare il merito del quesito referendario: circa la durata delle concessioni e le relative ricadute sul mercato non si legge alcunché.
Le posizioni anti-trivelle muovono le pance dei cittadini (comprensibilmente, peraltro) con considerazioni di natura catastrofica circa gli effetti sull’ambiente (easy trick…), interessi personalistici (mancata remunerazione delle regione interessate) oppure nei casi più sofisticati utilizzando rimasticate teorie sui beni comuni, o “commons”. Fino al votare sì strumentalmente contro il governo, per andare contro le lobbies, contro il familismo amorale, per salvare la vita a migliaia di bambini (…), contro il buco nell’ozono, contro il mostro di Loch Ness…

Ma il quesito referendario è stato adeguatamente spiegato?
Si vota sulla durata delle concessioni già esistenti, entro le 12 miglia. Se non si sa questo, meglio astenersi.
Qui di getto alcune mie riflessioni a seguito di letture fatte per informarmi anzitutto.
Primo: le installazioni già esistono. Piattaforme e impianti installati e funzionanti, che producono gas, e non olio petrolifero.
Secondo: in più di 60 anni di attività “estrattiva”, non risulta che sia avvenuto alcun disastro ambientale in strutture offshore di questo tipo.
Terzo: nel caso vincessero i referendari e si dovesse smantellare tutto, gli impianti gestiti dalla vicina Croazia verrebbero certamente adeguati (con lavori di perforazione obliqua, come apprendo…) per permettere di canalizzare il gas dei pozzi italiani. Da quello che capisco, – e che trovo affascinante – la perforazione obliqua (cioè a 45 gradi) permette di allungare di molto il raggio d’azione delle trivelle.
Quarto: come già detto, il referendum non ha ad oggetto nuove trivelle, bensì la durata delle concessioni esistenti relative ad aree in mare aperto e comunque entro le 12 miglia dalla costa dove ci sono già piattaforme di estrazione di gas metano in alcuni casi da più di 30 anni.
Quinto: cessare le attività di estrazione prima della scadenza lascerebbe giacente un discreto quantitativo di gas inutilizzato (o meglio utilizzabile da altri, dai quali lo ricompreremo…saremmo così costretti a chiudere le piattaforme da un giorno all’altro rinunciando a importanti quantità di produzione di gas nazionale). Questo comporterebbe maggiori importazioni, più traffico navale nei nostri mari, con buona pace degli ambientalisti e con dannosi aumenti sulla nostra bolletta energetica.
Sesto: il gas metano, oggetto di produzione, è il meno inquinante tra i combustibili fossili ed è riconosciuto dall’UE come risorsa fondamentale per arrivare ad un maggior utilizzo di rinnovabili.
Settimo: che le trivelle ostacolino il turismo non è vero. Sono numerose le piattaforme davanti alla riviera romagnola, che tradizionalmente accoglie ingenti presenze turistiche.
Ottavo: quale osservazione generica, penso all’impatto negativo che una vittoria dei referendari porterebbe sull’economia di alcune regioni. Perdite di posti di lavoro anzitutto, risoluzioni di importanti contratti ancora in essere.

C’è effettivamente un tema di remunerazione delle regioni interessate con royalties più adeguate e premiali? Bene, si avvii una negoziazione sul punto, ma promuovere un referendum senza spiegare in partenza il quesito referendario e utilizzando argomenti che non hanno attinenza con lo stesso è ingannevole. Meglio andar per musei, o leggere.



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