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Ecco come padre Spadaro ha letto Amoris Laetitia di Papa Francesco

Nel rilanciarla su Twitter, l’ha ribattezza una “guida alla lettura” della nuova Esortazione apostolica di Papa Francesco Amoris laetitia, ultima tappa del “processo sinodale” dedicato alla famiglia. Lui è padre Antonio Spadaro, gesuita e direttore de La Civiltà Cattolica, ritenuto molto vicino al Pontefice tanto da venire considerato spesso e volentieri l’interprete autentico del suo messaggio, il vero esegeta di ciò che Jorge Mario Bergoglio vuole davvero dire. In un intervento pubblicato sul sito de La Civiltà Cattolica, padre Spadaro è ha fornito una chiave di lettura per meglio comprendere il nuovo testo.

“RICONTESTUALIZZARE LA DOTTRINA”

L’Esortazione apostolica di Francesco, attesissima soprattutto dopo le fibrillazioni sinodali, sta suscitando un certo dibattito dentro e fuori la Chiesa, come ricostruito da Formiche.net. In particolare, se c’è una cosa che gli ambienti ecclesiastici più conservatori non accettano è la possibilità che venga scalfita la dottrina. Su questo punto padre Spadaro nelle ultime righe scrive che la preoccupazione del Pontefice “è quella di ricontestualizzare la dottrina al servizio della missione pastorale della Chiesa. La dottrina va interpretata in relazione al cuore del kerygma cristiano e alla luce del contesto pastorale in cui viene applicata”. Peccato però che “contestualizzazione” e “interpretazione” siano due parole che, se accostate alla dottrina, provocano un certo fastidio in una parte del mondo cattolico. “L’obiettivo è chiaro – spiega però padre Spadaro -: far sì che l’annuncio del Vangelo non sia teorico o svincolato dalla vita reale delle persone. Il Vangelo deve essere significativo e deve raggiungere tutti. Per parlare della famiglia e alle famiglie, il problema non è quello di cambiare la dottrina, ma di inculturare i principi generali affinché possano essere compresi e praticati”.

POCHI ACCENNI A GENDER, UNIONI DI FATTO E GAY

I severi moniti riservati dal Papa contro l’eutanasia, la teoria gender (seppure non citata in questi termini) e le unioni di fatto anche tra persone dello stesso sesso non sembrano interessare troppo il direttore de La Civiltà Cattolica, che preferisce accendere i riflettori su altri passaggi del discorso di Francesco. “L’antropologia a cui la Chiesa ha tradizionalmente fatto riferimento e il linguaggio con la quale l’ha espressa restano un riferimento solido, frutto di saggezza ed esperienza secolare – dice il gesuita -. Tuttavia sembra che l’uomo a cui la Chiesa si rivolge oggi non riesca più a comprenderli come una volta, o non li consideri comunque sufficienti, o non ne avverta la potenza di laetitia”. “Come porsi in maniera corretta, cioè evangelica, davanti a queste sfide?” si chiede. “E questo sempre dunque senza mettere mai in discussione le verità fondamentali del sacramento del matrimonio: l’indissolubilità, l’unità, la fedeltà e la procreatività, ossia l’apertura alla vita”.

LA “DEVOLUTION” DOTTRINALE

“Non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero”, scrive il Pontefice. Che aggiunge: “In ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali. Infatti, le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato”. A tal proposito, annota padre Spadaro, “questo principio di inculturazione risulta davvero importante persino nel modo di impostare e comprendere i problemi, che, al di là delle questioni dogmatiche ben definite dal magistero della Chiesa, non può essere ‘globalizzato’”. Secondo il religioso gesuita, “l’esortazione apostolica intende ribadire con forza non l’‘ideale’ della famiglia, ma la sua realtà ricca e complessa. Vi è, nelle sue pagine, uno sguardo aperto, profondamente positivo, che si nutre non di astrazioni o di proiezioni ideali, ma di un’attenzione pastorale della realtà”.

LA QUESTIONE DEI DIVORZIATI RISPOSATI

L’ultima parte dell’intervento di padre Spadaro si incentra sulla “parola chiave dell’Esortazione: discernimento” e sulla “evoluzione” della “Tradizione vivente della Chiesa” introdotta dal Pontefice “in quei passaggi che riguardano l’accompagnamento delle persone in situazioni di fragilità o irregolari”. “Sarebbe una illusione – scrive il direttore de La Civiltà Cattolica – credere che la gente sia rassicurata e consolidata nei valori solamente perché si insiste nel predicare la dottrina senza dare adeguato ‘spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi’”.
Per le cosiddette “situazioni irregolari”, a partire dai divorziati risposati, padre Spadaro riassume: “La conclusione è che il Pontefice, ascoltando i Padri sinodali, prende consapevolezza che non si può parlare più di una categoria astratta di persone e rinchiudere la prassi dell’integrazione dentro una regola del tutto generale e valida in ogni caso”. Il gesuita aggiunge inoltre che “le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi, ‘nemmeno – continua citando il Papa – per quanto riguarda la disciplina sacramentale, dal momento che il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave’”.

NO ALLE ACCUSE DI RELATIVISMO

Padre Spadaro individua poi “un punto apicale dell’Esortazione, in quanto attribuisce alla coscienza un posto fondamentale e insostituibile nella valutazione dell’agire morale”. Ed è quando Francesco scrive che “a partire dal riconoscimento del peso dei condizionamenti concreti, possiamo aggiungere che la coscienza delle persone dev’essere meglio coinvolta nella prassi della Chiesa in alcune situazioni che non realizzano oggettivamente la nostra proposta sul matrimonio”. Questo passaggio, commenta il gesuita, “apre la porta a una pastorale positiva, accogliente, e pienamente ‘cattolica’, che rende possibile un approfondimento graduale delle esigenze del Vangelo”.
Nelle ultime pagine, padre Spadaro veste ancora più i panni del vero esegeta, come quando spiega che “qui, ovviamente, (il Papa) non sta esprimendo solo una semplice opinione personale” (e si tratta di lanciare un monito all’area conservatrice), oppure quando individua la “chiara indicazione pastorale” di Francesco e aggiunge che “per parlare della famiglia e alle famiglie, il problema non è quello di cambiare la dottrina, ma di inculturare i principi generali affinché possano essere compresi e praticati”.


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