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Il ritorno della musica obliata

Circa cinque anni fa, in un articolo di cultura musicale su La Nuova Antologia, notai che non c’era solamente la “entartete musik” (musica degenerata), appellativo dato da Goebbels ai lavori di compositori – numerosi quelli di stirpe e cultura ebraica, non allineati agli stilemi nazisti – per un periodo, esclusi di programmi. C’era anche la musica obliata, ossia quella di compositori italiani che avevano avuto la ventura di vivere e produrre durante il ventennio fascista ed in gran misura sparita dai repertori ed anche dalla pubblicistica.

Nel 2003, il saggio di uno storico (Stefano Biguzzi, L’Orchestra del Duce, UTET) presentò un quadro accurato e divertente della competizione tra “tradizionalisti” ed “innovatori” alla corte di Mussolini, il quale si piccava di essere un musicista anche lui, dato che strimpellava il violino. Più o meno nello stesso periodo, l’ormai defunta l’Orchestra Sinfonica di Roma (Osr), l’unico complesso sinfonico interamente privato in Europa sostenuto dalla Fondazione Roma e da un’associazione di spettatori e di musicofili, ha dedicato molta attenzione alla  riscoperta del sinfonismo italiano di quel periodo. In parallelo, alcuni sovrintendenti e direttori artistici coraggiosi hanno riproposto alcune opere degli Anni ’20 e ’30. Ne è stato un po’ il precursore Gianluigi Gelmetti, che ha messo in scena a Roma due capolavori di Respighi (La Fiamma e Marie Victoire). Di recente, il Lirico di Cagliari ha inaugurato la stagione con La Campana Sommersa sempre di Respighi; il Regio di Torino ha proposto La Donna Serpente di Casella; La Scala La Cena delle Beffe di Giordano. Tutti lavori accolti con grande successo di pubblico e di critica. Sembra stia iniziando un revival.

È quindi molto importante il volume appena uscito di Alessandro Zignani, musicologo, scrittore e germanista (La Storia Negata: Musica e Musicisti nell’Era Fascista, Zecchini Editore, pp.200, 25 euro). A differenza del libro di Biguzzi, questa è una guida completa di quell’epoca. La prima parte esamina le tematiche principali della “musica del periodo” (ossia, presenta una psicosintesi del fascismo in musica). La seconda si chiede se sia mai esistita una “musica fascista” e divide i compositori più in auge dell’epoca in categorie (gli scrocconi, i mediocri, gli illusi, gli indifferenti). La terza esamina una trentina di “musicisti esemplari” entrando negli stilemi stilistici delle loro opere.

È utile ricordare che in Italia la musica “colta” dal Settecento alla prima parte del Novecento è di solito associata con la lirica. Si dimentica che, da fine Ottocento a metà Novecento, abbiamo avuto un grande stagione di musica sinfonica, ancora eseguita frequentemente all’estero, ma coperta  per decenni da una corte di oblio in Patria. Per quale motivo? Montemezzi, Casella, Malipiero, Pizzetti, Dallapiccola, Russolo, Pratella, Sgambati, Ghedini, Mancinelli, Catalani, Martucci vengono considerati, a torto più che a ragione, espressione di un periodo che si vuole dimenticare. Uniche eccezioni: Petrassi e Respighi. Si tratta di compositori accusati, senza ragione, di essere stati fascisti mentre ad esempio Dallapicolla è stato uno dei 35 professori universitari che rinunciò alla cattedra all’avvento delle leggi razziali. L’unico certamente attivo nel Pnf è stato Puccini (tessera n°2 del partito a Viareggio), ma solo per pochi anni perché la morte lo porto via. Si giunse al paradosso che mentre è stata riabilitata non solo la “entartete musik” tedesca, considerata “degenerata” dai nazisti, ma anche quella dello stesso compositore di corte di Hitler (Carl Orff), la musica italiana dello stesso periodo colpita dalla “damnatio memoriae” viene eseguita e rappresentata più all’estero che in Italia.

La situazione sta lentamente cambiando. Nella sinfonica, molto ha fatto l’Osr; anche se ora è sciolta ha lasciato ottime collane di registrazioni per la casa discografica Naxos. La lirica, come si è detto, sta ricominciando ad apparire nei cartelloni. Per gustare questa musica, inserendola nel contesto in cui venne creata, il libro di Zignani è un ausilio essenziale.

Un’ultima notazione: poco prima del libro di Zignani è uscito il lavoro di Paolo Isotta Altri Canti di Marte (Marsilio, 465 pp, € 20). Il libro di Isotta è un approfondito saggio sulla musica del Novecento europea. Ne tratterò in altra sede.


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