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Finmeccanica, ecco cosa servirà a Leonardo

Leonardo

A Finmeccanica il nuovo nome sembra portare bene. Praticamente all’indomani del lancio ufficiale del nuovo marchio “Leonardo” è arrivata la firma per la fornitura di 28 caccia Eurofighter Typhoon al Kuwait, un maxi-contratto che vede Finmeccanica capofila del consorzio costruttore. Era una situazione che si trascinava da tempo. I colloqui avevano preso consistenza nel 2011 e nel 2012 l’aereo era stato selezionato.

Nel frattempo, l’Italia aveva strappato la leadership della commessa, in precedenza inglese. Poi quattro anni tra stop-and-go in corrispondenza di turbolenze e avvicendamenti al vertice di holding e Alenia Aeronautica. Prima dell’agognata firma.

Il contratto record di Finmeccanica è significativo, ma da solo non rilancia il gruppo. Informazioni ufficiali non ce ne sono ancora, ma il valore dell’accordo sarebbe di circa 8 miliardi. Al gruppo italiano, quale prime contractor, potrebbe andare circa la metà del valore della commessa. L’arco temporale di esecuzione dell’ordine sarebbe di undici anni più tre di supporto logistico.

La vendita dei caccia al Kuwait, però, potrebbe, e dovrebbe, rappresentare il giro di boa nella gestione dell’amministratore delegato Mauro Moretti. Finora, l’ex numero uno delle Ferrovie è stato capace, e gliene va dato atto, di realizzare idee lanciate dai suoi predecessori. Nel 2009 l’allora ad e presidente Pier Francesco Guarguaglini svelò al Mondo la necessità di accorpare le controllate nella holding e di “divisionalizzare” il gruppo. Appena nominato ad, ai primi del 2012, fu Alessandro Pansa a confermare allo stesso settimanale questa necessità e a porre come suo principale obiettivo la vendita del polo trasporti. Moretti ha realizzato entrambe le ipotesi.

Ce n’è una terza che accomuna le preoccupazioni di Pansa e le sue: il debito. A Finmeccanica continuano saggiamente a concentrare i propri sforzi sulla riduzione del suo importo. Ma c’è a monte una questione forse ancora più importante dell’entità del debito: la sua sostenibilità. Quando Guarguaglini è uscito da Finmeccanica, nel 2010, il gruppo aveva 3,133 miliardi di debito su un fatturato di 18,7 miliardi e 493 milioni di utile. A fine 2015 il debito del gruppo ammontava a 3,287 miliardi con un fatturato di 12,9 miliardi e un utile di 487 milioni, per circa la metà dovuto a dismissioni. Il debito è diventato un problema, quindi, soprattutto per la costante riduzione del giro d’affari, degli utili (per diversi esercizi perdite) e degli ordini. Sono ordini, fatturato e utili, quindi, che devono crescere se si vuole ridurre effettivamente il debito.

Dopo la razionalizzazione e i tagli ai rami secchi, veri o presunti, a piazza Monte Grappa è insomma arrivato il tempo delle scelte strategiche finalizzate alla crescita, che non possono passare per altre dismissioni nel corpo del core business, uscendo dal consorzio missilistico Mbda o cedendo il produttore di siluri Wass, che ai conti fanno più bene che male. Finirebbero per impoverire il gruppo. E alimentare i complottismi, a cominciare dalla ventilata svendita dei pezzi più pregiati di Finmeccanica a concorrenti francesi, britannici, tedeschi.

Moretti ha, però, bisogno del sistema Paese. L’industria dell’aerospazio e difesa in tutto il mondo è sorretta, e va a braccetto, con il governo. Solo in Italia questa collaborazione appare come una ingerenza che, magari, nasconde interessi illeciti. Inoltre, non è possibile tagliare ulteriormente le spese della difesa. Se si vuole rilanciare l’export del settore, che ha ceduto i due terzi in pochi anni, è necessario dimostrare di avere fiducia nei prodotti nazionali, come capita in tutto il mondo.

L’amministratore delegato di Finmeccanica sembra aver fatto bene a puntare sulla difesa: dopo quattro anni di cali la spesa globale per armamenti è tornata a crescere. Ma penetrare sui nuovi mercati diventa sempre più difficile. Servono alleati e intese.

Ed è a Moretti che spetta questo compito, sfruttando anche il suo ruolo di presidente dell’associazione delle imprese europee della difesa. Di recente qualcosa si è mosso: è il caso dell’alleanza con Raytheon nella gara per l’aereo addestratore americano. Ma è importante attrezzarsi per i mercati in crescita: il Medio Oriente si sta intasando, più opportuno sarebbe saggiare Asia, Oceania, America centro-meridionale.
Seguendo l’esempio di gruppi come Bae e Raytheon Finmeccanica deve accelerare sul fronte della cyber security, il mercato a più alto tasso di crescita della sicurezza per la sua trasversalità civile-militare.

Lo spazio, infine, sul quale Moretti ha affermato di voler puntare a più riprese, è un settore in grande spolvero. Ma l’Italia non ha un grande gruppo di riferimento. Finmeccanica ha tutte le carte in tavolo per diventarlo. Serve una politica di aggregazione e prima di tutto l’acquisizione di Avio.

(articolo pubblicato sull’ultimo numero della rivista Airpress)



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