Skip to main content

Un ecosistema innovativo tra formazione e tecnologia

Di Pietro Palella

 L’approfondimento di Pietro Palella tratto dall’ultimo numero della rivista Formiche

Le tecnologie rappresentano uno dei fattori-chiave per la crescita di un’impresa. Sempre di più per il comparto industriale il vantaggio competitivo basato sulle tecnologie rappresenta un fattore critico di successo. Nei settori industriali ad alta tecnologia è fondamentale investire in attività di ricerca, sviluppo e innovazione per garantire la continuità dell’attività d’impresa e fornire prodotti in linea con le soluzioni applicative richieste dal mercato. L’industria dei semiconduttori è uno dei principali settori per intensità di investimenti in ricerca e sviluppo, e la microelettronica si configura come una fonte essenziale di innovazione, costituendo l’indispensabile base tecnologica per abilitare nuove applicazioni produttive. Le tecnologie microelettroniche si pongono quindi come elementi di discontinuità in grado di accelerare la transizione verso un’economia in cui conoscenza, ricerca, sviluppo e manifattura divengono elementi imprescindibili per l’acquisizione di più ampi livelli di competitività in uno scenario globale. In un tale contesto di mercato, caratterizzato da estrema concorrenzialità, diventa essenziale la capacità delle aziende di anticipare l’introduzione di nuovi processi e prodotti e di accedere tempestivamente ad applicazioni emergenti. Inoltre, la ricaduta prodotta dagli sviluppi più avanzati, sia tecnologici sia di prodotto, rappresenta l’elemento-chiave per migliorare anche le produzioni correnti in termini di costo, prestazioni e affidabilità.

L’elemento decisivo del vantaggio competitivo-tecnologico, sia per le aziende ad alta tecnologia sia per quelle a minore intensità di innovazione presenti in Italia, è rappresentato dalla proficua interazione con l’ecosistema dell’innovazione, composto da: formazione, intesa come attività tipiche della scuola secondaria di secondo grado e università; rete delle competenze, composta da centri di ricerca pubblici o privati e delle università; infine, le partnership industriali, attivate con i clienti che abbiano posto l’innovazione al centro della propria strategia.

Volendo approfondire ciascuno dei tre elementi dell’ecosistema dell’innovazione e partendo dal tema della formazione, i numeri evidenziano come a livello-Italia ancora oggi un numero insufficiente di studenti scelga gli studi tecnico-scientifici. È importante promuove iniziative tese a dimostrare che la tecnologia e l’innovazione possono rappresentare una professione interessante anche in Italia; e considerare, inoltre, che la qualità della formazione delle persone impegnate nelle varie attività dell’impresa rappresenti un elemento fondamentale per incidere in modo sostanziale sulla qualità dei risultati aziendali in scenari sempre più competitivi. Le aziende più proattive collaborano già con le università, attraverso i classici programmi di stage e lavori di tesi sperimentali, ma anche stimolando gli attori accademici alla formazione di laureati che, partendo da un’approfondita specializzazione, siano dotati di strumenti culturali e metodologici per affrontare discipline molto diverse da quelle di loro competenza.

Passando quindi all’approfondimento dell’entità dello sforzo nell’innovazione, se da un lato questo è fortemente influenzato dalle risorse economico-finanziarie e dal capitale umano che si riesce ad allocarvi, dall’altro si caratterizza per l’ampiezza dell’impegno nell’innovazione e la capacità di dominarne le conoscenze richieste: spaziando, ad esempio, dalla ricerca di nuovi materiali alla base delle nuove tecnologie, fino allo sviluppo di conoscenze di sistema necessarie per creare soluzioni avanzate per mercati eterogenei: dall’automobile, all’efficienza energetica, fino alle applicazioni mobili o indossabili, alle applicazioni per la salute e così via.

Proprio per affrontare questa ampiezza di temi è importante definire una appropriata rete delle competenze, composta da centri di eccellenza collocati presso soggetti di ricerca pubblici e privati – come ad esempio il Cnr e Istituto italiano di tecnologia – oppure in ambiti universitari. Le modalità di relazione con i centri della rete delle competenze si possono sviluppare attraverso svariate forme che vanno da quelle classiche dei contratti di ricerca commissionata (generalmente parte di ampie convenzioni e accordi di collaborazione), a quelle più avanzate, che possono prevedere la creazione di laboratori comuni situati sia presso sedi dell’impresa sia presso gli stessi centri di eccellenza a partecipazione congiunta, a importanti programmi di ricerca finanziati da istituzioni nazionali ed europee. In tale contesto è interessante rilevare come la presenza di sedi in Italia di aziende multinazionali ad alta intensità di innovazione abbia stimolato la crescita di reti delle competenze organizzate, anche a livello locale, in una serie avanzata di collaborazioni tra ricerca e industria (contratti di ricerca, stage, programmi di seminari tenuti da dipendenti aziendali presso le diversi sedi universitarie, ecc.). Inoltre, proprio con riferimento a questo scenario, è importante sottolineare come per la tipologia del tessuto imprenditoriale italiano, caratterizzato da una prevalenza di Pmi, gli attori pubblici di ricerca rappresentino un importante riferimento per lo sviluppo di nuove tecnologie per l’industria. La sfida, quindi, è più quella di riuscire a congiungere la ricerca con la ricaduta industriale, attraverso la creazione di entità intermedie difficilmente riscontrabili in Italia e tipiche invece di altre realtà industriali avanzate, come avviene per esempio con il Fraunhofer in Germania.

Infine, assumono particolare rilievo per l’innovazione le partnership industriali, ovvero la capacità di stabilire in chiave strategica strettissimi rapporti di collaborazione con i clienti più innovativi, prevedendo la condivisione di attività d’innovazione, lo scambio di informazioni, anche sensibili, il tutto finalizzato al perseguimento di obiettivi comuni di competitività basati sull’impiego delle tecnologie più avanzate. Nel caso delle aziende del settore dei semiconduttori, ad esempio, le scelte strategiche per la costruzione di partnership industriali affondano le loro radici nel momento in cui apparve chiaro che per sfruttare appieno le potenzialità delle tecnologie microelettroniche era necessario stabilire una stretta relazione con le applicazioni a cui queste tecnologie si rivolgevano. Con il tempo tale modello di interazione si è evoluto e si è allargato sempre di più, toccando i più svariati ambiti applicativi.

L’interazione nell’ambito dell’ecosistema dell’innovazione può portare valore a tutti gli attori coinvolti, poiché le conoscenze di base sviluppate nei centri di ricerca si traducono in valore competitivo, e la rete delle competenze dei singoli nodi è continuamente stimolata ad affrontare nuovi scenari prospettati dalla rapida evoluzione del mercato. Per intercettare le nuove onde di innovazione è indispensabile interloquire con il mondo accademico e delle imprese, cambiando il modo di agire e il proprio posizionamento strategico.

II risultato di quanto fin qui descritto possiede in sé le giuste potenzialità per apportare alle aziende più aperte alla cooperazione e alle sinergie un’innovazione ad ampio spettro, all’interno di uno scenario pieno di opportunità per la diffusione e l’impiego delle tecnologie più avanzate. La valorizzazione degli ecosistemi d’innovazione, a livello locale e nazionale, è di vitale importanza, in particolar modo quando si pone il nodo ineludibile della partecipazione del sistema-Italia alle grandi sfide internazionali legate alla ricerca e all’innovazione. Pertanto, è ampiamente comprensibile il motivo per cui in Italia, in materia di politica industriale e di ricerca, si renda necessario avviare iniziative di sistema che aggreghino le competenze e gli sforzi dei vari attori nazionali (pubblici e privati) verso l’innovazione, traducendole in proposte di valore e percorsi di interesse comune che permettano la costruzione di favorevoli scenari da proporre ai policy maker per valorizzare le tecnologie nazionali.

L’impiego di tecnologie e l’innovazione diventano quindi i driver fondamentali per potere effettuare scelte strategiche valide anche sui mercati globali, garantendo un adeguato ritorno economico sugli investimenti sostenuti attraverso la forte correlazione tra market-share e profittabilità, che si esprime nella sintesi tra ciclo dell’innovazione ed efficienza manifatturiera. L’Italia, seconda in Europa per intensità in tale attività, deve intraprendere azioni decise per rafforzare il proprio tessuto manifatturiero. Per fare questo sono sicuramente importanti le azioni sui costi e sulle regole del mercato del lavoro, ma è soprattutto importante puntare sulla crescita del valore aggiunto del prodotto, che si ottiene principalmente aumentandone il contenuto innovativo.

L’Italia deve poter sfruttare al meglio le opportunità offerte dal programma Horizon 2020 e dalla nuova politica di coesione territoriale a livello comunitario per il periodo 2014-2020, che segnano un cambio di passo delle strategie europee in tema di ricerca. Le risorse messe a disposizione sono veramente ingenti, e la ricerca viene finalmente posta quale elemento centrale della strategia industriale. Ciò risulta dal riconoscimento del valore delle Key enabling technology (Ket), finalizzate a creare un ponte fra la ricerca di base e il mercato attraverso, ad esempio, la creazione di linee-pilota all’interno delle quali si possano sperimentare nuove tecnologie e nuovi prodotti.

È evidente che il sistema-Italia deve poter assumere un ruolo di rilievo in Europa. E perché questo avvenga è necessaria una chiara presa di posizione delle istituzioni, che pongano senza esitazioni la ricerca al centro della strategia industriale del Paese. Infine, un ruolo importante devono assumerlo anche le istituzioni regionali, perché a esse spetta il compito di definire iniziative industriali ad alto contenuto innovativo (smart specialization) e perché a esse verrà assegnata una parte consistente dei fondi strutturali europei. Perché tutto ciò avvenga, è necessaria una convergenza d’intenti di tutti gli attori: istituzioni nazionali e locali, industria e ricerca. Ed è necessaria una piena sintonia con le istituzioni europee.

Pietro Palella (Presidente e amministratore delegato di St Microelectronics Srl)

(articolo tratto dall’ultimo numero della rivista Formiche)

 

×

Iscriviti alla newsletter