La sfida sull’anticipazione del congresso PD al prezzo di un appoggio incondizionato ed attivo al referendum costituzionale lanciata dal Premier-Segretario alla minoranza del partito sembra essere solo l’antipasto di una strategia che Renzi ha in mente per (tentare di) vincere il referendum ma anche per rinsaldare la propria maggioranza e, se possibile – ma questa sembra essere l’ultima preoccupazione di Palazzo Chigi – tenere unito il partito del Nazareno.
C’è una carta che l’ex sindaco di Firenze terrà coperta fino all’ultimo e che scoprirà solo in caso di evidenti mal di pancia della maggioranza la quale – stante l’Italicum – potrebbe avere molto interesse a guardare con favore alla fazione del “no” anche (ma non solo) per tentare di allungare quanto più possibile il brodo della legislatura.
Se infatti Renzi dovesse stravincere al referendum il ricorso anticipato alle urne risulterebbe assai motivato oltre che plausibile e le compagini “minori” che oggi sostengono il Governo potrebbero solo ambire a superare la soglia di sbarramento del 3% per accedere, con pochissimi esponenti, al futuro Parlamento.
L’esito contrario al “referendum Renzi” invece rappresenterebbe uno scenario assai più accattivante per i cespugli dell’attuale maggioranza. La sconfitta del referendum infatti imporrebbe la modifica della legge elettorale (attualmente impostata sulla presenza di un’unica Camera elettiva) e, a tal fine, la costituzione di un Governo di “scopo” con un guadagno netto – e dorato – di oltre un anno di legislatura.
Uno scenario in cui un centro forte (capitanato o comunque collegato) con Forza Italia potrebbe pesare molto nelle scelte sulla futura legge elettorale ovvero, sulla composizione del prossimo Parlamento.
Renzi ha chiaro lo scenario e con ottimo fiuto percepisce odore di bruciato attorno a sé tanto da tentare di anticipare le mosse dell’avversario (anche sotto mentite spoglie di “amico”). L’idea di porre sul tavolo della contesa interna la data del congresso è stata sicuramente una mossa azzeccata e completamente spiazzante. I balbettii – ben rappresentati dalle interviste televisive – all’uscita dalla direzione descrivono la cifra politica della resistenza interna capace di annichilirsi da sola: aveva chiesto un congresso anticipato ed ecco che l’astuto Premier gliel’ha offerto sul piatto d’argento pena il loro pubblico tradimento al partito e al Governo.
Ma Renzi sa benissimo che Verdini non è Speranza o Cuperlo, che l’ex banchiere venderà cara la pelle e per lui non basteranno pannicelli caldi. Ala infatti non ha fatto richieste ed attende. È questo silenzio il più pericoloso degli “amici” di Renzi ed è con esso che il Premier dovrà vedersela nei prossimi mesi.
Forse solo allora quella carta tenacemente rinchiusa nel cassetto, potrà saltar fuori e modificare le sorti della XVII° legislatura.