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Cosa sta succedendo tra Nato e Russia?

Qualche tempo fa chiacchieravo con un amico che lavora per un certo Ente, necessariamente non trasparente, a proposito di un politico italiano che conoscevo come persona assolutamente per bene. “Se un Servizio segreto vuole incastrare una persona – mi disse – non è necessario che costui abbia commesso crimini. Testimoni contro di lui si comprano o si ricattano e le prove basta fabbricarle”. Mi vennero allora alla mente le “prove” teatralmente esibite in una seduta Onu dall’allora Segretario di stato americano Colin Powell per dimostrare che Saddam Hussein era in possesso di armi di distruzioni di massa e si apprestava a usarle. Mesi dopo la caduta del dittatore, si scoprì che erano tutte fandonie create ad arte ma, nel frattempo, sulla base di quelle “evidenze” le opinioni pubbliche occidentali, spaventate, appoggiarono le decisioni di guerra dei loro Governi.

Qualcosa di simile era già successo in occasione della guerra contro la Serbia. I giornali europei e americani furono pieni di fotografie aeree che mostravano presunte fosse comuni ove i serbi avrebbero seppellito alla rinfusa centinaia di poveri e indifesi kossovari. Anche in quel caso il tutto si rivelò una bufala, ma solo alla fine del conflitto. I medici legali di varie nazionalità, inviati sul posto per raccogliere le evidenze dei crimini commessi, dovettero scrivere nel loro rapporto che quasi tutte le “fosse” erano in realtà solo della terra smossa e nessun cadavere vi era stato seppellito: solo poche di loro rivelarono dei corpi. Aggiunsero che era impossibile stabilire se veramente si trattasse di kossovari o piuttosto di serbi e che, molto probabilmente, la loro morte andava fatta risalire a dopo l’inizio dei bombardamenti.

Ci piaccia o no, un fattore importante nella politica internazionale è la propaganda menzognera e, tanto più essa è subdola, più diventa efficace. Un modo necessario per mobilitare le opinioni pubbliche a proprio favore, e contro gli interessi di un possibile nemico, è di dipingerlo come aggressivo, malvagio, corrotto, pericoloso e chi più ne ha più ne metta. Questa propaganda, usata in tutte le epoche, ma moltiplicata nei suoi effetti dalle attuali comunicazioni di massa, serve spesso per coprire i propri veri interessi e per convincere i Paesi “amici” che, in realtà, sono gli interessi loro a essere in pericolo.

Quando leggo sulla nostra stampa, o sento qualche politico parlare della minaccia che la Russia di oggi rappresenta per l’Europa, mi viene il sospetto di essere di fronte a un caso siffatto. Putin si prepara a invadere gli Stati dell’ex Patto di Varsavia? L’aggressione contro l’Ucraina e l’”occupazione” della Crimea sono solo il banco di prova? Abbiamo a che fare con un dittatore senza scrupoli assetato di potere? La Nato (compreso Erdogan?) è ancora il solo baluardo della democrazia a tutela del “mondo libero”?

Di certo, sia la Nato sia la Russia stanno incrementando le manovre militari ai rispettivi confini e aumentano in modo preoccupante le occasioni di “incontri ravvicinati”, con il rischio che sfuggano al controllo. Non è chiaro, però, se siano l’espansione della Nato e le sue manovre a causare una risposta russa o, viceversa, se siano le “provocazioni” di Mosca a imporre una reazione della Nato con la conseguente necessità di “accerchiare” quel Paese in via preventiva.

Lo scorso 12 maggio a Deveselu, in Romania, è stata inaugurata una nuova base missilistica americana che ha, come obiettivo dichiarato, difendere l’Europa da possibili attacchi di missili balistici iraniani. Il giorno dopo sono iniziati i lavori per una simile base in Polonia che sarà operativa entro la fine del 2018. Peccato che, a detta degli esperti occidentali, i missili in possesso di Teheran non abbiano una capacità superiore ai duemila kilometri e cioè, anche volendolo, non riuscirebbero mai ad arrivare in qualunque Paese europeo. Come nota a margine, occorre notare che le postazioni di comando per i “nostri” missili in Polonia non saranno situate in basi Nato, bensì a Ramsted, una base aerea americana in Germania. Nel frattempo si annuncia l’invio in Germania di cinquemila tonnellate di munizioni, tramite ben 415 container e altre decine di carri armati per esercitazioni militari e in Georgia e nella neutrale Moldavia. Come non bastasse, il Segretario alla difesa USA Carter vuole dislocare quattro nuovi battaglioni in Europa orientale e il 7 giugno si terranno esercitazioni in Polonia con la partecipazione di 25000 soldati di varia provenienza.

Il nuovo comandante delle forze militari dell’Alleanza Atlantica, Curtis Scaparrotti (nome italiano ma nazionalità tutta americana), afferma che il nostro nemico è “una risorgente Russia che sta sforzandosi di riproporsi come una potenza mondiale”. Lo stesso Obama dice: “Noi manteniamo un dialogo aperto e cerchiamo collaborazione con la Russia, ma vogliamo anche essere sicuri di essere preparati e forti e vogliamo incoraggiare la Russia a mantenere le sue attività militari in accordo con gli impegni internazionali”. Ma non furono proprio gli Stati Uniti a revocare unilateralmente il Trattato sui Missili Anti-Balistici firmato da entrambi nel 1987? Il segretario generale Nato Stoltenberg aggiunge che, davanti alla minaccia russa noi saremo “pronti a combattere anche stasera, se la deterrenza fallisse”. Purtroppo, anche Mosca attua la sua “deterrenza” e risponde allo stesso modo, con manovre vicino ai confini e con la dislocazione di nuovi missili nell’enclave di Kaliningrad.

Certo, speriamo tutti che soltanto di deterrenza si tratti quando s’inviano navi da combattimento americane in “crociera” nel mar Baltico e ci si lamenta che aerei russi passino “pericolosamente” vicini. Di certo, di deterrenza in deterrenza ci troviamo di fronte a una escalation di armamenti e di reciproche provocazioni che avevamo pensato appartenere solamente al passato.

Se, comunque, di semplici “avvertimenti” si tratta, fino a quando si continuerà in questo modo? Siamo davvero sicuri che, in tutto questo spiegamento di forze e di accuse reciproche, non possa succedere un qualche incidente di cui ognuno si affretterà a riversare la colpa sull’altro? Con quali conseguenze?

Non sono, e non sono mai stato, un pacifista a tutti i costi. So, tuttavia, che per giustificare una guerra o anche soltanto una semplice ostilità tra Stati occorrono dei validi e comprensibili motivi. Dove sta il vero motivo del contendere? La Russia è risorgente? Vuole proporsi ancora come potenza mondiale? E allora? Quale Paese non vorrebbe “risorgere” da un abisso economico e politico in cui si è trovato? E le dimensioni di quel Paese-Continente, ricchissimo di materie prime a noi utilissime, non la autorizzano a chiedere, e ottenere, un ruolo sulla scena mondiale? Forse che Mosca è oggi veramente in grado di rappresentare un pericolo per la sicurezza europea? Non scherziamo! Se anche i russi volessero davvero riappropriarsi degli Stati dell’ex Patto di Varsavia non potrebbero permetterselo. La crisi economica interna, l’arretratezza delle infrastrutture e, complessivamente, dei suoi armamenti non consentono loro nessuna guerra offensiva contro la Nato o uno qualunque dei suoi membri. Al contrario, però, una guerra difensiva la Russia potrebbe benissimo affrontarla: il territorio è talmente vasto e il suo popolo così patriottico che tutti i tentativi di sottometterla negli ultimi due secoli sono falliti. La Russia è, salvo gli Urali e il Caucaso, un’immensa pianura senza confini naturali. Sia Napoleone sia Hitler hanno dilagato in quelle terre in un batter d’occhio ed è comprensibile che pretendano che i Paesi confinanti non costituiscano un pericolo per la propria sicurezza. Ovviamente, essendo la Nato un’organizzazione militare di cui la Russia non fa parte, estenderne la partecipazione ai Paesi che la circondano non puoò essere concepito dal Governo russo come un atto amichevole.

Oggi, anziché pensare a improbabili espansioni, ai russi conviene molto di più focalizzarsi sul proprio sviluppo interno, magari anche grazie al nostro know-how e alla nostra collaborazione, piuttosto che addossandosi i costi e la responsabilità di gestire Paesi riottosi e, nel caso, sicuramente ostili. Il loro ministro degli Esteri, il diplomatico Lavrov, ha recentemente dichiarato: “Ripeto: non cerchiamo lo scontro né con gli Stati Uniti, né con l’Unione Europea né con la Nato. Al contrario la Russia è aperta alla più ampia cooperazione possibile con i partner occidentali. Noi continuiamo a credere che il modo migliore per garantire gli interessi dei popoli che vivono nel continente europeo sia la formazione di uno spazio economico e umanitario comune, che si estende dall’Atlantico al Pacifico, in modo che la neonata Unione Economica Eurasiatica possa fungere da ponte d’integrazione tra l’Europa e la regione Asiatico-Pacifica”.

Sta mentendo? Sarebbe assurdo perché ciò che dice corrisponde esattamente a quello che, molto razionalmente, costituisce l’interesse di quel Paese.

Invece di dare retta a chi continua a sventolare un presunto pericolo Russia, io credo piuttosto alle parole di Henry Kissinger, l’ultimo grande esperto di politica internazionale che ha guidato la politica estera americana dopo la seconda guerra mondiale: “La Russia dovrebbe essere vista come un elemento chiave per qualsiasi equilibrio globale, piuttosto che come minaccia per gli Stati Uniti” Se lo dice colui che aveva riallacciato rapporti diplomatici con la Cina Popolare proprio per contrastare l’Unione Sovietica durante la guerra fredda, non si può certo sospettarlo nè d’ingenuità nè di “intesa col nemico”.

Per noi europei sarebbe ora di sottrarci all’influenza nefasta di qualche nostalgico dottor Stranamore e guardare con disincanto e realismo a quelli che sono i nostri veri interessi.


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