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La storica visita in Vaticano del rettore di al-Azhar

Muhammad al-Tayyeb vaticano

Le porte del Vaticano si sono aperte oggi per Ahmad al-Tayyeb, rettore dell’università di al-Azhar, fondamentale punto di riferimento dell’insegnamento dell’islam sunnita nel mondo. Preparata dal passaggio di una delegazione vaticana al Cairo, la visita assume ipso facto una portata storica. I rapporto tra la Santa Sede e il “Vaticano” sunnita erano infatti congelati dal tempo del celebre discorso di Ratisbona di Benedetto XVI, che suscitò grande indignazione in seno al mondo islamico e fu condannato con particolare veemenza da al-Azhar. Un altro motivo di attrito tra le due istituzioni risale al gennaio 2011 quando, in occasione di un attentato contro la comunità copta egiziana durante la sollevazione popolare contro Mubarak, il predecessore di Francesco lanciò un appello, subito ritenuto provocatorio, per la protezione delle minoranze religiose nel paese delle piramidi.

È evidente però che in questi cinque anni è passata molta acqua sotto i ponti. In Vaticano risiede dal 2013 un Papa che ha fatto del dialogo interreligioso e della riconciliazione di popoli, culture e religioni una cifra del suo pontificato. Ma a spingere Francesco ad aprire le braccia al suo interlocutore è soprattutto la preoccupazione per le odierne turbolenze del mondo islamico, vale a dire la fitna tra correnti intransigenti e jihadiste da un lato e voci più moderate dall’altro. Una divisione che sta lacerando il Medio Oriente e provocando immani sofferenze tra le comunità cristiane orientali ostaggio dei tagliagole dello Stato islamico.

Tendere un ramoscello d’ulivo ad un prestigioso leader religioso come al-Tayyeb rappresenta in questo senso il tentativo del Vaticano di porre un argine ad una deriva che sta partorendo violenza e incomprensioni ma anche dividendo le comunità in Occidente in cui vivono consistenti minoranze islamiche. La via del dialogo appare a Francesco una strada obbligata per tentare di pacificare un mondo piagato dal terrorismo jihadista e dalla persecuzione dei cristiani, due flagelli che un islam interpretato in chiave moderna potrebbe contribuire a sanare.

Come ha sottolineato Il Foglio, nell’incontro tra Francesco e al-Tayyeb vi è una robusta dose di realpolitik. Non è sfuggito infatti al quotidiano che al-Tayyeb è anche colui che ha affermato che la soluzione al conflitto israelo-palestinese consiste nella “proliferazione degli attacchi suicidi che diffondono il terrore nel cuore dei nemici di Allah”. Si tratta di parole del tutto scevre dalla moderazione di cui ci sarebbe bisogno in un tempo in cui il terrorismo suicida deflagra nelle capitali europee. Francesco decide comunque di far partire da al-Azhar la riconciliazione in considerazione del suo indubbio prestigio nel mondo islamico e delle spinte riformiste che subisce dall’attuale presidente egiziano al-Sisi, che un anno e mezzo fa destinò ai membri dell’università cairota uno sferzante appello per un rinnovamento dell’islam che lo liberi dalle tentazioni del radicalismo e della violenza contro le altre fedi. Ci sono dunque tutte le premesse perché la visita di oggi schiuda le porte ad un percorso di maggiore empatia tra le due maggiori religioni del pianeta e sgombri il campo da quei morbi che, troppo spesso, ne avvelenano i rapporti.



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