La fusione tra Bpm e Banco Popolare passa al vaglio dei board per il via libera definitivo prima dell’esame della Bce. Oggi i consigli delle due banche si riuniranno per dare luce verde all’integrazione tenuta a battesimo nel marzo scorso e già ampiamente illustrata ai mercati finanziari. Per gli istituti si tratta insomma di un passaggio formale che non dovrebbe riservare sorprese, anche se la scadenza è particolarmente attesa in Piazza Meda.
L’ASSETTO
Se infatti la parola definitiva sulla fusione spetterà al consiglio di gestione, la sorveglianza dovrà esprimere un parere consultivo sulla base di un documento stilato da primari consulenti legali e analizzato già ieri nelle sue linee generali. Il parere dovrebbe essere scarno e privo di indicazioni correttive che, semmai, potrebbero essere accluse al verbale finale come osservazioni dei singoli consiglieri. Considerati ormai come punti fermi la struttura di governance e la strategia industriale del nuovo gruppo, nei giorni scorsi le diverse anime della popolare si sono concentrate sulle candidature al board del nuovo gruppo, unico elemento di novità delle delibere di oggi.
I NOMI
In base agli accordi raggiunti nei mesi scorsi nove consiglieri del nuovo board saranno designati dal Banco (tra cui il presidente Carlo Fratta Pasini), sette dalla Bpm (tra cui il vice presidente vicario) e due designati tra soggetti indipendenti scelti di comune accordo da Banco e da Bpm . Legalmente a Milano le candidature ricadono sotto la competenza della gestione, anche se i due consigli hanno svolto un lavoro sinergico coinvolgendo i principali stakeholder delle banca. Grande attenzione è andata ai due attuali vice presidenti del consiglio di sorveglianza, cioé Mauro Paoloni e Marcello Priori. Secondo quanto risulta, se il secondo potrebbe guidare il collegio sindacale, Paoloni dovrebbe diventare vice presidente vicario, anche se per quel ruolo i pensionati guidati da Edoardo Dorenti spingono l’attuale numero uno della sorveglianza, Nicola Rossi, eletto nell’assemblea di aprile. Tra le altre candidature ci sarebbero poi il leader dei soci non dipendenti, Carlo Frascarolo, Piero Lonardi, un rappresentante del fondo Athena Capital di Raffaele Mincione, e tre donne in base a quanto previsto dalla normativa sulle quote di genere.
LO SCENARIO
Intanto l’attenzione del mercato resta concentrata sull’aumento di capitale da un miliardo del Banco. L’operazione, inizialmente attesa ai nastri di partenza per lunedì prossimo 30 maggio potrebbe slittare di una settimana e dunque partire lunedì 6 giugno dopo il preventivo via libera Consob al prospetto informativo. La ricapitalizzazione peraltro (a cui è stato lasciato il diritto d’opzione per l’intero ammontare, escludendo così private placement e l’emissione di bond convertibili o convertendi) è stata infatti anticipata da ottobre a fine maggio e cadrà dunque in un periodo ancora di forte volatilità per Piazza Affari. I vertici del Banco si sono comunque detti moderatamente ottimisti sull’esito dell’offerta: «Se avremo la autorizzazione della Consob entro fine mese potremo partire per la fine di maggio e chiudere entro la metà di giugno. Mi sento tranquillo», aveva dichiarato l’amministratore delegato Pier Francesco Saviotti durante la recente presentazione del piano industriale, in linea con Maurizio Faroni, futuro direttore generale del nuovo gruppo e oggi al vertice della popolare veronese.
(Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)