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Una premessa sul Referendum Costituzionale

libertà

Ad ottobre si tiene il Referendum confermativo sulle modifiche apportate dal Parlamento alla Costituzione. Si tratta di cambiare volto al Paese, quindi, a prescindere da qualsiasi appartenenza partitica si abbia è bene riflettere a lungo e seriamente prima di mettere una croce sul SI o sul NO. E cosa ancora più importante sarà bene che la partecipazione sia grande. Questo appuntamento ci riguarda tutte e tutti. E riguarderà, cosa che è bene sottolineare, anche chi verrà dopo di noi.

Per questo vorrei una discussione seria, nel merito, sui contenuti. Mi piacerebbe non dover ascoltare mera propaganda da nessuna parte. Eppure si leggono, in questi giorni, posizioni che francamente reputo non utili ai fini di una presa di posizione consapevole e ragionata: non mi interessano, per esempio, le argomentazioni, un po’ populiste e molto semplicistiche, di chi invita a votare sì per farci risparmiare soldi. La democrazia ha un costo: non mi interessa che il Parlamento diventi più economico, mi interessa che funzioni bene. Dopotutto per incidere sui costi della politica, che vuol dire tutto e niente, non è necessario riformare la Costituzione. E sopratutto, serve una vera battaglia per la legalità. Tema che viene spesso messo in secondo piano, ma che è l’unico vero modo per incidere su inefficienze e sprechi. Il bilancio dello Stato ne gioverebbe sicuramente di più.

Mi interessa, ancora di più, che vengano garantiti i principi democratici e che il sistema che verrà rispetti il principio della separazione dei poteri. Mi preme molto che venga scongiurato quello che Alexis de Tocqueville e John Stuart Mill avevano definito come “dittatura della maggioranza”. Mi interessa, in sostanza, che il sistema sia non solo efficiente ed efficace, ma anche giusto.

Devo anche precisare che non mi interessano nemmeno gli annunci apocalittici e poco razionali di chi grida alla fine della democrazia o alla deriva dispotica del nostro Paese. Come se fino ad oggi tutto fosse stato paradisiaco e perfetto. Niente di più falso. C’è un profondo bisogno di cambiamento in questo Paese e c’è da decidere – ripeto, serenamente, seriamente e con razionalità; quale forma e direzione dargli. Il Partito Democratico ha assunto oggi la responsabilità politica di traghettare il Paese in una fase nuova. Anche il metodo sarà importante. E un confronto onesto e rispettoso, tra posizioni differenti, può solo farci del bene.

Per questo, per esempio, ho trovato molto interessante il confronto tra lo studente catanese di 22 anni e la Ministra Boschi. Perché c’è stato un confronto, anche duro, su questioni sostanziali. Si può poi essere a favore e meno delle argomentazioni dell’uno o dell’altro, ma il punto è un altro: c’è stato un dibattito. Sul comportamento del Rettore invece esprimo forte perplessità: l’Università è, o dovrebbe essere, il luogo per eccellenza del confronto, della discussione, dell’argomentazione onesta e competente. Se non c’è questa opzione non è più Università, ma luogo di annichilimento delle menti. La negazione stessa del ruolo che l’Università ha.

Nel profondo rispetto delle visioni e sensibilità di tutte e di tutti credo che sarebbe positivo un confronto basato sulla sostanza e che abbia come obiettivo la tutela del bene comune, che guardi al presente come al futuro. Così come ha scritto bene Alfredo Reichlin di recente. Una riforma Costituzionale non può e non deve diventare il campo di battaglia della politica con la “p” minuscola, perché in gioco c’è molto di più che la stabilità di un ennesimo governo. C’è in gioco la ri-definizione del sistema politico del nostro Paese per i prossimi x anni.

Una domanda: è troppo chiedere che la discussione sia seria, pertinente e onesta?

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