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La nuova guerra dei dazi tra Usa e Cina

L’ultimo atto è di qualche ora fa: il ministero del Commercio statunitense ha annunciato l’introduzione di nuovi dazi anti dumping sui prodotti in acciaio inox importato dalla Cina del 209,97% . Una decisione maturata dopo un’indagine durata diversi mesi e che si somma a quella di qualche settimana fa dove l’amministrazione Obama aveva deciso di innalzare i dazi sull’acciaio laminato a freddo del 265,8% in più rispetto al dazio già presente del 256,4%. In pratica per difendersi dall’invasione a basso costo di laminati per auto e lavatrici provenienti dal Celeste Impero si è arrivati ad imporre un dazio astronomico, mai registrato prima, del 500%.

L’ALLARME SULL’AVANZATA CINESE

Questa non è altro che una guerra, non commercio. La Cina sta mettendo in atto una guerra economica”, ammoniva qualche giorno fa in un’intervista alla CNBC Lourenco Goncalves, amministratore delegato del produttore di minerali di ferro Cliffs Natural Resources, “dobbiamo riconoscerlo e agire di conseguenza”. Magari proprio con l’obiettivo di arginare l’inondazione di importazioni cinesi, con diverse realtà coinvolte come Baosteel Group, uno dei maggiori gruppi siderurgici cinesi, e le controllate di Ansteel Group.

LA DIATRIBA CINA-USA

Le due super potenze sono al limite di una guerra commerciale e, di certo, le presidenziali americane non aiutano perché è chiaro che una possibile vittoria di Donal Trump potrebbe ancora di più peggiorare i rapporti, visto che il candidato repubblicano ha già detto che innalzerà nuove barriere commerciali. D’altra parte i numeri danno ragione al candidato repubblicano: gli Stati Uniti hanno importato lo scorso anno 482 miliardi di dollari di prodotti cinesi, contro i 116 miliardi di dollari esportati. Il disequilibrio della bilancia commerciale è enorme ed è terreno fertile per una campagna contro “lo straniero dagli occhi a mandorla”.

LE ULTIME MOSSE DI OBAMA

Per questo Obama negli ultimi mesi del suo mandato sta cercando di correre ai ripari e ha messo in atto un braccio di ferro con Pechino che, al di là del rispetto delle regole, ha tanto il sapore di una rivincita su Pechino. Basta guardare come è stata letta la mossa di alzare il livello dello scontro con la Cina perfino alimentando un ricorso al Wto per le barriere doganali che Pechino ha innalzato sull’import del pollame a stelle e strisce, quando dal 2009 l’amministrazione Obama aveva ricorso all’Organizzazione per il Commercio mondiale contro la Cina “appena” 11 volte. Ma perfino il pollo diventa un’arma per far capire ai produttori americani che la musica sta cambiando.

GLI ATTRITI PIU’ RECENTI

Già il mercato cinese del pollo era un tempo il più grande mercato estero per i produttori statunitensi. Ma, è la tesi americana, a causa di significativi dazi le aziende americane ne sono state tagliate fuori. Secondo il Dipartimento statunitense dell’Agricoltura, nel 2015 la Cina ha importato pollame corrispondente solo al 2% (268.000 tonnellate) dei consumi interni. La “battaglia del pollo” è stata dunque intrapresa da Obama nella speranza di convincere il Congresso che gli Stati Uniti non stanno più alla finestra e che quindi è necessario approvare l’accordo commerciale Trans-Pacific Partnership, l’accordo di libero scambio tra Usa e 11 nazioni del Pacifico che, guarda caso, taglia fuori proprio la Cina.


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