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Perché Angela Merkel perde consenso e rischia la cancelleria

Secondo un sondaggio del 10 Maggio 2016, riportato dal mensile politico Cicero, due terzi degli elettori tedeschi sarebbero contrari al quarto mandato di governo per Angela Merkel. Rimane da vedere se questo sondaggio si tradurrà effettivamente nella sconfitta della Cancelliera nel 2017  in una sconfitta elettorale, ma il dato in sè aiuta a capire cosa stia succedendo, realmente, in Germania.

Lo specchio di un paese. Spesso l’opinione pubblica europea considera il paese, e l’elettorato tedesco, come saldamente in mano alla Cancelleria, stretto al suo pragmatismo politico ed economico quasi come se la Germania stessa fosse, dopo quasi 12 anni di governo,  il suo dominio personale e lei, seria ed austera, lo specchio delle idee politiche dei cittadini. Di certo il consenso e la coesione sociale attorno alla Merkel è stato forte durante i suoi primi due governi, ma si è quasi totalmente eroso negli ultimi 3 anni soprattutto a causa delle difficoltà dell’Europa e di quella latente crisi sociale che sta attraversando il paese.

Le cause. Tutto inizia nel 2010, all’apice della crisi del mercato finanziario, quando la cancelliera, col supporto della Banca Europea, si spese a favore del salvataggio delle banche europee, e tedesche, tramite l’uso di denaro pubblico. Quel singolo evento è alla base della nascita del partito euroscettico Alternative für Deutschland (AfD) nato dalle frange più liberiste della CDU, in rapida crescita in Germania (16%) ed ormai diventato in 3 anni la nemesi e il pericolo principale per la Cancelliera. Ulteriore benzina sul fuoco dell’euroscetticismo e contro la Merkel è venuto poi dal salvataggio del Portogallo, dell’Irlanda e, soprattutto, la Grecia che portò alla creazione del “Fondo Salva-Stati”; forte fu la polemica interna, certamente ottusa, ma molto più forte di quello che l’Europa percepì , sull’uso dei soldi dei contribuenti tedeschi per il salvataggio delle “allegre economie” del sud-Europa.

La questione interna ed i profughi. Ai problemi di quell’Europa su cui la Merkel ha sempre puntato si è unita una la progressiva diminuzione del potere di acquisto dei salari tedeschi, alla base di una crisi sociale ancora sottaciuta, ma in espansione. La Germania rimane un paese ricco ed efficiente, competitivo a livello mondiale e fra i gradi player economici, ma è anche un paese afflitto dalla poca mobilità sociale e che vede crescere la povertà dei ceti deboli, soprattutto di giovani ed anziani, a fronte di un aumento della ricchezza dei ceti più forti. Quello che trema è il patto sociale tedesco, indebolito dalle riforme degli anni 90 cavalcate dalla Merkel, e dalla storica apertura della Cancelliera all’accoglienza dei profughi. Difatti, secondo la nuova legge promossa dal governo tedesco, un richiedente asilo può cominciare a lavorare già dopo un mese dal suo arrivo, rispetto ai sei mesi precedenti: una decisione giusta, ma gestita in maniera superficiale. I profughi riescono ad ottenere salari al minimo garantito anche per posizioni altamente specializzate generando una forza lavoro a costi praticamente nulli, e pagati dallo stato, che influenza il resto del mercato livellando verso il basso le retribuzioni dei lavoratori tedeschi.

Soldi ed il problema dell’Est. Il consenso dell’elettorato tedesco, soprattutto quello conservatore della CDU, è profondamente ancorato alle tasse ed al lavoro esattamente dove il terzo governo Merkel sta arrancando, non riuscendo a rispondere ai problemi dei cittadini. Non a caso il no alla cancelliera è più forte fra chi guadagna meno di 1000 euro al mese, 74,6% degli elettori, contro il 65,5% di chi sta sopra i 4000 euro, e fra chi non possiede un titolo di studio universitario o comparabile, dove questa cifra arriva al 75,8%. Non sorprende neanche che sia più forte (80%)in due stati della ex-Germania Est, la Turingia e la Sassonia, dove a 26 anni di distanza sono ancora irrisolti i problemi economici e sociali dell’unificazione e dove cresce il gradimento per Frauke Petry, la segretaria di Alternative fuer Deutschland.

Nonostante i sondaggi, nessuno nella CDU, ancora al 30%, parla di un cambio al vertice, nemmeno gli oppositori interni ed alcuni ambiziosi ministri come Ursula von der Leyen, ma la situazione non è delle più rosee. La destra radicale cresce e fra Merkel ed il suo quarto mandato si frappongono le prossime elezioni in Polonia ed in Francia così come il referendum sul Brexit: basta un sussulto nel prossimo anno o un ulteriore aumento della pressione dell’immigrazione che la crisi di consenso potrebbe peggiorare a favore della destra radicale.


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