I grandi soci di Veneto Banca scompaginano le carte a poche ore dall’avvio dell’aumento di capitale da un miliardo, propedeutico alla quotazione in borsa. Mentre Borsa Italiana e Consob preparavano il via libera all’operazione, domenica a Treviso si è riunita l’assemblea dell’associazione «Per Veneto Banca», che riunisce oltre l’8% dei soci (per la maggior parte industriali e professionisti del Nord Est). La formazione, recentemente premiata da un buon risultato assembleare, ha votato con larga maggioranza l’adesione alla ricapitalizzazione da un miliardo attesa ai nastri di partenza mercoledì 8 giugno.
I NOMI DEI SOCI IN AZIONE
Tra il centinaio di presenti ci sarebbero stati anche Luca Ferrarini (Ferrarini-Vismara), l’industriale trevigiano Bruno Zago (Pro-Gest e anche presidente attuale dell’associazione), Giorgio Batacchi (immobiliare) e Giannantonio Parolini (edilizia). La decisione non è vincolante per i singoli investitori, non trattandosi di un patto di sindacato ma di un impegno di massima che ognuno declinerà sulla base delle proprie «disponibilità finanziarie», ma il tono è indubbiamente quello di una chiamata alle armi.
TRA IMPRENDITORI E INVESTITORI ISTITUZIONALI
La scorsa settimana, nel comunicare la forchetta di prezzo dell’aumento (0,1-0,5 euro per azione), l’istituto guidato da Cristiano Carrus aveva lasciato intendere che l’interesse riscontrato tra gli investitori istituzionali dalle banche di consorzio era stato decisamente basso. L’interrogativo è se la cordata degli imprenditori sarà in grado di garantire almeno la soglia minima di flottante indispensabile per l’ammissione a Piazza Affari. Per assicurare la liquidità del titolo Borsa Italiana chiede infatti un livello minimo del 25%, anche se la soglia potrebbe essere limata di qualche punto percentuale. Se però lo stock di azioni negoziabili fosse nettamente inferiore, Borsa e Consob potrebbero interdire a Veneto Banca lo sbarco sul listino, come già accaduto nel caso di Bpvi. In quel caso insomma Atlante (garante dell’inoptato) si troverebbe in mano l’ampia o ampissima maggioranza della banca e gli attuali azionisti si troverebbero diluiti in uno strapuntino di pochi punti percentuali, proprio come accaduto a Vicenza.
GLI SCENARI DELL’AUMENTO
Diversamente andrebbero le cose se gli attuali azionisti sottoscrivessero una porzione significativa dell’aumento. La costituzione di un flottante minimo darebbe infatti liquidità ai titoli permettendo agli attuali soci di disfarsene in tempi brevi. Se insomma il 25% è un obiettivo ambizioso ma non proibitivo, assai più difficile risulterà aggiudicarsi la maggioranza della banca, impresa che richiederebbe una potenza di fuoco superiore al mezzo miliardo. In ogni caso i vertici di Quaestio sgr non hanno ovviamente mai fatto chiusure sull’adesiione di altri investitori: «Ci sono tanti imprenditori veneti che speriamo se la comprino», aveva dichiarato il presidente Alessandro Penati venerdì 3 ai microfoni di Class Cnbc, aggiungendo con una punta di ironia: «Spero di non diventare azionista di Veneto Banca. Noi non gestiamo le banche».
LE REAZIONI DEL MERCATO
Ieri comunque le dichiarazioni dei grandi azionisti sono state accolte con cautela dal mercato. Se c’è chi presta fede all’impegno dell’associazione, alcuni osservatori hanno avanzato il sospetto che si tratti di un bluff dettato da ragioni di carattere campanilistico. Non resta insomma che attendere dagli azionisti la prova dei fatti e verificare così la consistenza dei propositi espressi finora.
(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)