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Jill Stein outsider alle presidenziali USA

Ci sono movimenti molto interessanti attorno a noi. Non è solo l’Europa, vecchia e stanca, ad interrogarsi sui propri modelli di partecipazione democratica e sui propri sistemi politici, anche negli USA qualche cosa si sta muovendo, e sembra davvero interessante.

Probabilmente molte cose simili sono già avvenute in passato e avvengono da sempre, ma a noi le informazioni non sono mai arrivate. Eppure oggi, per purissimo caso, ho visto e ascoltato il video di Jill Stein, candidata del Green Party (sapevate che ce ne era uno?) statunitense alla Casa Bianca e ho pensato: wow! Che bello.

Questa lotta per le presidenziali tra repubblicani e democratici ci ha già regalato un qualche cosa di favoloso: Bernie Sanders è riuscito a creare un movimento di opinione poderoso, riportando, almeno per quanto riguarda le primarie democratiche, milioni di cittadine e cittadini, giovani e meno giovani, all’attivismo politico. Un risultato strepitoso per un uomo di 74 anni che negli USA si definisce socialdemocratico. Ammetto che ho fatto il tifo per lui fin dal primo momento che lo ho sentito parlare e tutt’ora è lui che vorrei vedere candidato del Partito Democratico statunitense e non Hillary Clinton. Tuttavia, non sempre le nostre aspettative trovano gratificazione. Hillary Clinton sarà la sfidante di Donald Trump e non c’è spazio per alcun dubbio: go Hillary!

C’è però uno spazio di discussione politica lasciato totalmente in ombra in questa campagna elettorale. C’è una candidata, sconosciuta, espressione di un piccolo movimento politico, i verdi, che si è fatta portatrice di un disagio: il sistema bipartitico, dice, è rotto. Ed ha ragione. O meglio: come fa un sistema con due soli partiti ad essere esaustivo e rappresentativo? Non si può. Non più. Ed è interessante che questa discussione avvenga negli USA, modello di un sistema a cui alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia, guarda come esempio da seguire o scopiazzare, anche male.

Sono convinto che un partito debba essere prima di tutto rappresentativo degli interessi di qualcuno. E che sia quindi capace di rappresentare e difendere questi interessi in una discussione ampia, trasparente, democratica. Un sistema schiacciato tra due grandi forze che esclude tutto il resto non è un sistema che può reggere, perché viene meno, per forza di cose, la capacità di rappresentare. Lasciamoci alle spalle le teorie economiciste della democrazia. Mi piace l’idea di una democrazia realmente partecipativa, come scrisse Pateman negli anni settanta. E forse i tempi sono maturi, affinché questo accada. Partendo forse dagli USA?

Link al video di Jill Stein >>> clicca qua <<<

 

 

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