Davvero commovente la foto sulla prima pagina di Repubblica di ieri, con Vendola che tiene in braccio il piccolo Tobia e accanto Ed, il di lui compagno nonchè padre biologico del bambino. Di fatto, un manifesto della Nuova Umanità. Per non parlare dell’intervista, due pagine intere da lasciarti senza fiato (letteralmente, come quando Vendola s’è lanciato in una similitudine tra la sua vicenda e quella di San Giuseppe, giusto per stare sul low profile). Come facevi a non commuoverti di fronte a cotanto tripudio di sentimenti, al coronamento di un insopprimibile bisogno di amore, alla realizzazione di uno dei desideri più profondi dell’essere umano? Ciò che prima era impedito dalla natura (e dalle leggi), oggi te lo dà la tecnica (e le leggi). E grazie alla tecnica (e alla disponibilità di due donne, orwellianamente definite la Donatrice e la Portatrice) il seme di Ed ha fecondato un ovulo della Donatrice, poi l’embrione così formato è stato impiantato nell’utero della Portatrice, che ha gestato e partorito il bambino che Ed e Nichi, pagati ricovero cure mediche rimborsi vari e una “piccola cifra” alla famiglia, felici e contenti hanno preso e portato a casa. Il quale bambino ora si ritrova con due padri, uno biologico e l’altro putativo, e due madri (con buona pace di Vendola che dice che “nessuna delle due pensa o sente di esserne la madre”, come se la realtà è solo e soltanto ciò che uno percepisce come tale), senza però avere, nè ora nè mai, la possibilità di crescere con una madre. “Probabilmente sbaglio” – ha scritto Giuliano Ferrara – “ma quando tutto sarà ordinario, generalizzato nella grande era ingienista che ci attende e già si dipana sotto i nostri occhi, avremo perso qualcosa…in questa vittoria sulla sterilità c’è qualcosa di troppo, una superbia che s’intravede nell’umiltà dell’atto, e l’idea molto pratica che avere un bambino è un fatto eminentemente di laboratorio, un atto clinico. E che il quando e il come di una nascita, la scelta libera e innaturale di mettere in conto terzi la gestazione di un bambino, possono essere programmati eugeneticamente, euamorosamente, eudesiderantemente, fottendosene dei protocolli che la storia naturale degli uomini e delle donne hanno contribuito a scrivere”. Ecco perchè mi sono commosso. Cos’altro resta da fare?
I figli dell’era della riproducibilità tecnica
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