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Cosa non va nella diatriba fra Enel e Tim sulla banda larga

Di Salvatore Margiotta

Caro Direttore,
quando si dice “eterogenesi dei fini”!

Un mio emendamento – più correttamente, nella tecnicalitá parlamentare, sub emendamento ad un emendamento dei relatori – originato da tutt’altre finalità, è diventato (ennesimo) motivo di scontro tra Tim ed Enel.

Esso infatti mira ad abrogare una norma (comma 2 quater dell’art.8 della legge 287/90), oggi ampiamente superata dalla disciplina regolamentare delle essential facilities, e comunque unica nel panorama europeo, che ha l’effetto distorsivo di costringere il concorrente più debole, perché entra in un settore, a mettere a disposizione del concorrente più forte, il proprio asset: ad esempio, sulla base di essa, l’Antitrust ha riconosciuto l’obbligo per Poste Italiane a rendere disponibili ad H3G la rete degli uffici postali “a condizioni equivalenti” a quelle riconosciute a Poste Mobile.

E, ancora facendo appello alla medesima disposizione legislativa, Tim ha nei giorni scorsi chiesto formalmente ad Enel, che attraverso la controllata Open Fibra, entra come è noto nel settore della banda larga, di mettere a disposizione del concorrente Tim -già operante nel settore, dunque più forte- i propri beni e servizi, nonché informazioni dettagliate sui propri programmi di investimento e, dunque, delle strategie industriali.

In pratica Tim utilizza la legge esistente per complicare il lavoro di Enel, che ha giustamente deciso di farle concorrenza in un campo – quello della banda larga – in cui il paese, con qualche responsabilità di Tim medesima, registra ritardi notevoli.

Legittima, sia pur ostruzionistica, strategia? Certo, finché la legge lo consente. Ecco perché è ora di cambiarla!

Prof. Ing. Salvatore Margiotta
Senatore
Componente Commissione Lavori pubblici e Comunicazioni
Commissione bicamerale di Vigilanza RAI
Twitter: @s_margiotta

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