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Ecco le priorità del summit Nato di Varsavia

Di Claudio Bisogniero

Il prossimo vertice Nato di Varsavia rappresenterà non solo un importante momento di verifica per gli Alleati circa gli obiettivi annunciati al precedente Summit in Galles nel 2014, ma anche un’ulteriore tappa del più ampio processo di adattamento della Nato alle nuove sfide di sicurezza cui è confrontata la comunità euro-atlantica. Se nel 2014 l’Alleanza si era posta prioritariamente l’interrogativo di come rispondere alla rinnovata aggressività russa – facendo sostanzialmente un salto concettuale all’indietro rispetto al positivo percorso di dialogo e cooperazione sviluppato con Mosca sin dal Vertice di Pratica di Mare del 2002 – a Varsavia la Nato dovrà cercare di dare una risposta all’insieme delle minacce multidimensionali che incidono direttamente sulla sicurezza e sul benessere dei suoi cittadini.

Si tratta quindi di un diverso approccio rispetto a quello adottato in risposta alla crisi russo-ucraina, e che ha portato l’Alleanza al ritorno a una postura incentrata essenzialmente su un concetto di difesa collettiva (che è, si ricorda, il primo dei tre core task individuati dal Concetto Strategico del 2010, insieme la sicurezza cooperativa, la gestione delle crisi). Nella pratica, tale postura si è tradotta nel lancio del Readiness Action Plan – strumento inizialmente concepito come aumento di prontezza sul Fianco orientale, soprattutto attraverso misure di rinforzo rapido – e nell’avvio di un processo di adattamento volto a rafforzare la “presenza avanzata” della Nato in tale quadrante, a fini di rassicurare gli Alleati orientali e baltici e le loro opinioni pubbliche.

LE NUOVE SFIDE

Oltre a fare un punto su tale processo a est, l’Alleanza dovrà dimostrare a Varsavia di avere metabolizzato anche i nuovi mutamenti dello scenario strategico internazionale intervenuti dal 2014 anche con riferimento al vasto e complesso arco di instabilità che si proietta verso il proprio fianco sud dimostrando, in termini di visione strategica e di iniziative concrete, di essere pronta a garantire la sicurezza di tutti gli Alleati secondo un approccio autenticamente a 360 gradi. Sarebbe in effetti riduttivo e semplicistico concepire l’azione (e proiezione) dell’Alleanza come una semplice sommatoria di azioni distinte portate avanti nel contesto di una divaricazione est-sud della sicurezza euro-atlantica. Oltre ad essere una distinzione artificiale, che non tiene conto della stretta interconnessione e contiguità tra le crisi e le minacce originate nelle diverse aree geografiche, sarebbe una conclusione che non terrebbe conto della storia dell’Alleanza e dei suoi valori, compresi quelli della coesione e dell’indivisibilità della sicurezza alleata.

Più in generale, la Nato sta sempre più attrezzandosi per acquisire o rafforzare le proprie capacità di fornire una risposta coerente e credibile anche alle nuove minacce del XXI secolo, che sono di natura non convenzionale, multidimensionale o ibrida. Mi riferisco ad esempio alle minacce cibernetiche (e ricordo in proposito che alla ministeriale Difesa di giugno il cyber è stato riconosciuto dalla Nato quale dominio operativo suscettibile anche di provocare l’attivazione dell’articolo 5), ma anche alle sfide di sicurezza che scaturiscono dal vasto arco di instabilità e di crisi che caratterizza oggi il “Mediterraneo globale”: migrazioni incontrollate, proliferazione di armi e di traffici illegali, diffusione del radicalismo e del terrorismo, che rappresentano per l’opinione pubblica euro-atlantica una pressante priorità in materia di sicurezza.

LA COLLABORAZIONE CON L’UNIONE EUROPEA

Il riconoscimento della natura multidimensionale delle attuali sfide alla sicurezza e la crescente consapevolezza che nessun singolo attore, per quanto rilevante, sia in grado oggi di affrontare efficacemente queste sfide da solo, rendono urgente l’esigenza, sempre più sentita e da sempre sostenuta con coerenza e determinazione da parte nostra, di una cooperazione sempre più stretta tra la Nato e la Ue, organizzazioni che hanno costituito per decenni il saldo ancoraggio della stabilità europea e occidentale.

Quasi in contemporanea rispetto al Vertice di Varsavia si terrà il Consiglio Europeo del 29-30 giugno dedicato alle tematiche di sicurezza e difesa: una coincidenza pratica che è anche politica, e che è quindi necessario cogliere. Nato e Ue sono organizzazioni che condividono in gran parte la stessa membership e si occupano spesso delle stesse problematiche di sicurezza. Sarebbe quindi un’occasione irrimediabilmente persa se non riuscissimo a far compiere alla collaborazione Nato-Ue un salto di qualità visibile alle nostre opinioni pubbliche, e questo è il senso della Dichiarazione congiunta Nato-Ue che auspichiamo possa essere finalizzata al Vertice di Varsavia. In concreto, la cooperazione pratica tra Nato e Ue potrà concentrarsi su alcuni settori essenziali. La risposta alle minacce ibride certamente, ma anche la dimensione marittima, specie, nella lettura italiana, nel Mediterraneo centrale, su cui insistono sia l’Operazione Sophia dell’Ue, sia l’Operazione Active Endeavour della Nato.

L’ITALIA AL SUMMIT

La visione italiana per Varsavia conta molto anche sulla capacità dell’Alleanza di riaffermare in maniera convinta la sua dimensione politica accanto a quella strettamente militare. In proposito, il prossimo dicembre cadrà il 60° anniversario del cosidetto “Rapporto dei 3 saggi” (Gaetano Martino, Lester Pearson e Halvard Lange, all’epoca ministri degli esteri di Italia, Canada e Norvegia) che segnò un punto di svolta nella definizione di tale dimensione politica per l’Alleanza.
Per preservare questa fondamentale conquista, l’Alleanza dovrà mantenere la capacità di guardare agli effetti politici e strategici complessivi delle sue azioni ed essere capace di proiettare sempre di più i propri valori anche all’esterno, grazie alla dimensione delle partnership e al dialogo politico, che rappresenta uno strumento di grande rilevanza in questo senso. Il dialogo politico con i nostri partner – compresi quelli del Mediterraneo e Medio Oriente, di prioritario interesse strategico per l’Italia – può aiutarci a migliorare la comprensione reciproca e una più approfondita conoscenza degli scenari di sicurezza del nostro vicinato, ma anche di regioni più lontane con cui la Nato e gli Alleati condividono le stesse aspirazioni di pace e sicurezza.

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