Taglieranno il traguardo quasi in contemporanea i due aumenti di capitale del mese di giugno: quello del Banco Popolare e quello di Veneto Banca, entrambi con un importo di un miliardo di euro. Oggi infatti sarà l’ultimo giorno utile per l’esercizio dei diritti di Verona, mentre per Montebelluna si chiuderà l’offerta ai soci in attesa che venerdì 24 si concluda anche quella istituzionale. Malgrado la coincidenza temporale, le due operazioni presentano caratteristiche molto diverse che lasciano presagire esiti divergenti.
DOSSIER BANCO POPOLARE
L’aumento del Banco (assistito dagli advisor Mediobanca e BofA Merrill Lynch) è infatti il tassello principale della fusione che in autunno vedrà convolare a nozze il gruppo guidato da Pier Francesco Saviotti con la Banca Popolare di Milano. Si tratta insomma di un’operazione strettamente collegata con un piano strategico già illustrato alla comunità finanziaria. Del resto l’andamento della ricapitalizzazione dimostra che l’interesse del mercato è stato più di natura più industriale che speculativa. Lo dimostra il fatto che, per tutto l’arco dell’offerta, il prezzo dei diritti e quello delle azioni si sono sempre mossi in allineamento quasi perfetto, così come i valori dei titoli Banco e Bpm.
I NUMERI
Ieri inoltre il titolo ha chiuso le negoziazioni a 2,89 euro, un valore ancora al di sopra del prezzo di sottoscrizione delle nuove azioni (2,14 euro): esercitare i diritti rimane dunque più conveniente che comprare sul mercato. Anche se i dati sulle sottoscrizioni si conosceranno soltanto domani sera, le previsioni del mercato sono moderatamente ottimistiche. Ci si attende infatti un inoptato molto contenuto, a testimonianza dell’attenzione mostrata sia dal retail che dagli istituzionali.
VERSO LA FUSIONE CON BPM
Ottimismo condiviso anche dai vertici delle due banche che in autunno convoleranno a nozze. Ieri ad esempio l’ad di Bpm Giuseppe Castagna ha confermato che i lavori per la fusione procedono “senza nessun ritardo”. Secondo il banchiere la domanda per la nuova licenza bancaria, chiesta dalla Bce, non farà slittare i tempi previsti per il via libera delle autorità all’operazione, atteso alla fine di agosto. La richiesta, ha spiegato Castagna, va “in parallelo con il percorso avviato” e la risposta è attesa “negli stessi tempi dell’autorizzazione alla fusione. Le due cose vanno in parallelo, senza nessun ritardo”, ha ribadito il banchiere. Quanto all’ipotesi che da Francoforte arrivino ulteriori richieste prima delle nozze, Castagna ha ricordato che “per ora” i due istituti hanno fatto “tutto quello che andava fatto rispetto ai prerequisiti chiesti dalla Bce. Stiamo andando avanti con il nostro programma, con il piano industriale, avendo sempre a fianco il regolatore”, ha sottolineato, “per tutto quello che succede nel frattempo. Però è un percorso già stabilito, che per ora non ha nessuna sorpresa”.
I NODI DI VENETO BANCA
Sempre ieri peraltro il Banco ha annunciato una seconda cessione di crediti deteriorati dopo quella comunicata lunedì. Il portafoglio venduto, con sottostanti ipoteche immobiliari, ammonta a 33,9 milioni di euro, di cui 29,4 secured e 4,5 unsecured, e comporta un addebito a conto economico di poco più di 3 milioni di euro. Completamente diverse sono le attese per l’aumento di Veneto Banca che dovrebbe comunicare i risultati solo domani. Secondo rumor ancora non confermati, le sottoscrizioni si sarebbero attestate intorno all’1% del totale per un controvalore di circa 10 milioni. L’esito dell’operazione è dunque sempre più scontato, soprattutto dopo il dietrofront dei grandi soci che avevano incautamente ventilato un investimento da 600 milioni. Senza un flottante minimo Veneto Banca non potrà approdare in borsa e Atlante si troverà per la seconda volta al timone di una banca retail. Il copione insomma è già scritto, almeno fino al passaggio di proprietà ossia fino al momento in cui il veicolo gestito da Quaestio sottoscriverà l’intero inoptato.
LE INCOGNITE DEL FONDO ATLANTE
Resta da capire quali saranno le strategie di Alessandro Penati (numero uno di Quaestio) e della sua squadra. L’opzione più probabile sembrerebbe una fusione di Veneto Banca con la vicina Bpvi, anch’essa finita sotto l’ombrello protettivo di Atlante. A favore di una soluzione di questo genere giocherebbero le rilevanti sinergie di costo previste anche se, si fa notare, la vicinanza tra le due banche potrebbe rivelarsi un deterrente. Al di là delle filiali, il vero problema sarebbe rappresentato dalla sovrapposizione degli affidamenti che imporrebbe una revisione selettiva del portafoglio crediti.
(Articolo pubblicato sul quotidiano Mf/Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi)