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Di Maio, De Magistris e l’italiano medio

Luigi Di Maio è diventato più popolare di Matteo Renzi, che a sua volta non è più popolare di Luigi De Magistris (sondaggio Demos-Repubblica). Dunque l’italiano medio esiste, non è un’invenzione letteraria, come aveva intuito Ennio Flaiano. Quando dispensa la sua fiducia ai politici egli si dimostra “un perfetto intelligente. Crede molto nelle statistiche e nella pornografia: questa velata di indignazione, quelle per tenersi al corrente. Simula gli interessi dei giovani, adora il pubblico. Il suo contemporaneo ideale è un cretino di ieri coi pregiudizi di domani” (“La solitudine del satiro”).

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In queste ore, in cui non si capisce chi ha vinto e chi ha perso in Gran Bretagna e in Spagna, chi è di destra e chi è di sinistra in Italia, chi è riformista e chi è conservatore in Europa, chi è populista e chi non lo è nel mondo, sento molto la mancanza di una bussola, di una stella polare, di un faro in grado di orientare e illuminare un passaggio d’epoca così confuso. Per essere chiaro, sento molto la mancanza della coalizione sociale lanciata ormai tanto tempo fa dal segretario della Fiom Maurizio Landini. A proposito: chi l’ha vista?

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Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca D’Auge salì in cima al torrione del suo castello, per considerare la situazione storica. La trovò poco chiara. (da “I fiori blu” di Raymond Queneau, traduzione di Italo Calvino). Sette secoli e mezzo dopo, non è poi cambiata molto.

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Folla e massa sono due parole affini, come indica la loro etimologia. Folla deriva dal verbo latino “fullare”: pigiare l’uva, la lana, un tessuto. Massa viene dall’identico termine latino, che significa “pasta”, analogo al greco “maza”, nome di una focaccia d’orzo con olio e acqua che origina dal verbo “massein” (impastare). Folla e massa, come metafora di una materia amorfa da plasmare, indicano le moltitudini umane coinvolte nella politica, evocando nello stesso tempo “l’azione esercitata su di esse dai capi che le guidano” (Emilio Gentile, “Il capo e la folla”, Laterza, 2016). Folla e massa sono parole entrate nel linguaggio politico con la Rivoluzione americana e la Rivoluzione francese. Nel 1895 il sociologo francese Gustave Le Bon annunciava che l’era delle folle era iniziata. Trentacinque anni dopo, il filosofo spagnolo Ortega y Gasset constatava l’avvento delle masse al pieno potere sociale.

Oggi le due parole sono cadute in disuso. Le élite occidentali (comprese quelle di casa nostra) preferiscono parlare di popolo, mentre i populismi americani ed europei (compresi quelli di casa nostra) amano coccolare e appellarsi al popolo. In realtà, l’impressione è che ambedue continuino a concepirlo e a trattarlo come un coacervo di folle o masse indifferenziate, da “educare” o da “manovrare” per i propri disegni politici (non per caso, del resto, il popolo solitamente viene identificato con il termine “gente”).


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