Il 23/06 la Gran Bretagna ha deciso, mediante referendum popolare, di “uscire” dall’Europa comunitaria (in cui peraltro non era mai entrata del tutto). Non so se tale decisione faccia più male all’Inghilterra (che ora ha anche problemi all’interno del proprio Regno cosiddetto “unito”) o all’Europa rimasta, che comunque è uscita dalla prova sorpresa ed ammaccata.
Certo campagna elettorale più falsa e scomposta (da entrambe le parti) non poteva proprio farsi, solo basata sulla paura, sulla irrazionalità, in assenza di una ragionata proiezione sulle possibili conseguenze di una decisione comunque “storica”. Ritengo che se si ripetesse oggi lo stesso referendum, l’esito sarebbe l’esatto opposto.
Il 26/06 si sono svolte in Spagna le elezioni politiche (le seconde in 6 mesi) e ciò nonostante non è ancora garantita la governabilità del Paese, infatti pur avendo “vinto” il Partito popolare di Mariano Rajoy (33% dei voti), senza il contributo dei Socialisti (23% dei voti) e/o di Ciudadanos (13% dei voti) e Altri (10%), non si raggiunge una sicura maggioranza parlamentare. Pare al momento improbabile una alleanza tra i Socialisti e gli indignati di Podemos che, alleati alla Izquierda Unida, si sono fermati al 21% dei consensi, forse penalizzati nell’occasione dallo shock post-Brexit.
Il 28/06 almeno tre kamikaze (originari delle Repubbliche russe del Daghestan, dell’Uzbekistan e del Kirghizistan) hanno ucciso 44 persone all’aeroporto Ataturk di Istambul e fatto oltre 230 feriti. In un attentato a Dacca, capitale del Bangladesh, il 1° luglio sono state uccise 20 persone, delle quali ben 9 italiane. In nome di una religione radicale e strumentalizzata si continua dunque ad uccidere persone inermi e certamente incolpevoli, dicendo di ispirarsi ai dettami del sedicente Stato islamico (Isis). E poi saremmo noi occidentali i “ crociati” ! Se non ci fosse da piangere, si potrebbe addirittura sorridere.
In Italia prosegue il confronto Governo-sindacati (naturalmente solo con i sindacati “amici”, cioè CGIL, CISL e UIL) sulla cosiddetta “flessibilità in uscita”. Si tratta della possibilità di anticipare da 1 a 3 anni l’accesso al pensionamento di vecchiaia rispetto ai parametri introdotti dalla legge Fornero, che tuttavia rimarrebbe operante in via ordinaria. L’anticipo pensionistico (Ape) non sarebbe tuttavia pieno (massimo 90-95% della ipotetica pensione maturata), sarebbe garantito dal sistema bancario-assicurativo, con l’intermediazione dell’INPS, ma il prestito iniziale andrebbe poi restituito in 20 anni, quindi per molti futuri pensionandi “anticipati” potrebbe mai realizzarsi la possibilità di vedere la pensione di diritto corrisposta finalmente in misura piena. Uniche avvantaggiate: banche ed assicurazioni.
Nonostante che il costo dell’operazione ricada principalmente sui lavoratori interessati (disoccupati di lungo corso, dipendenti soggetti a processi di ristrutturazione aziendale, ma anche lavoratori che scelgano uscite volontarie), il provvedimento ipotizzato comporta anche un certo costo per lo Stato sotto forma di parziale contributo al tasso sul prestito e calibratura delle detrazioni fiscali (solo per le pensioni di minore importo) al fine di ridurre la decurtazione dell’assegno erogato per gli anni di anticipo sotto forma di Ape.
Non vorremmo che i costi dell’operazione anzidetta venissero poi caricati, more solito, sulle spalle degli attuali pensionati (e loro vedove/i) sotto forma di mancata o ridotta indicizzazione delle pensioni in godimento, ovvero di imposizioni di “ contributi di solidarietà”, certamente illegittimi e anticostituzionali, checché ne dica la Consulta.
Se la flessibilità in uscita vedrà la luce, certamente il Premier Renzi griderà ad un suo “miracolo”, ma noi che siamo attenti smaschereremo l’ennesimo bluff, come non cadremo (nel referendum d’autunno sulle riforme costituzionali) nella logica dei ricatti e delle minacce (o questa riforma o l’ingovernabilità; o questa riforma o me ne vado, e con me il Parlamento tutto, ecc.).
La riforma costituzionale Renzi-Boschi, con l’aggravante dell’attuale legge elettorale, è infatti inguardabile (fiducia al Governo espressa da una sola Camera, in larga misura di nominati; il Senato rimane, ma non sarà su base elettiva; confusone di competenze tra le due Camere; difetto di democrazia con rischio di derive autoritarie, attraverso l’attribuzione ad un solo Partito del premio di maggioranza, garantendo così una fittizia egemonia rappresentativa; mancata promessa della riduzione dei costi delle politica, ecc.) e pertanto voteremo convintamente NO.
Il 5/07/2016 la Corte costituzionale ha dato il via libera al contributo di solidarietà sulle cosiddette “pensioni d’oro”, previsto per il triennio 2014-2016 dalla legge 147/2013 del Governo Letta (legge di stabilità 2014).
Secondo il Comunicato della stessa Corte, si evince che sono state respinte “le varie questioni di legittimità relative al contributo, che scade nel 2016, sulle pensioni di importo più elevato, escludendone la natura tributaria e ritenendo che si tratti di un contributo di solidarietà interno al circuito previdenziale, giustificato in via del tutto eccezionale dalla crisi contingente e grave del sistema. La Corte ha anche ritenuto che tale contributo rispetti il principio di progressività e, pur comportando innegabilmente un sacrificio sui pensionati colpiti, sia comunque sostenibile in quanto applicato solo sulle pensioni più elevate, da 14 a oltre 30 volte superiori alle pensioni minime”.
Stranamente il Comunicato non fa cenno all’altra questione all’attenzione della Corte, e cioè alla revisione al ribasso dell’adeguamento ISTAT degli assegni pensionistici al costo della vita. Vedremo prossimamente quale sarà la pronuncia della Corte in merito alla violazione plateale del giudicato costituzionale di cui alla sentenza 70/2015 attraverso il decreto 65/2015 del Governo Renzi, convertito in legge 109/2015.
Rivolto un sentito “vergognatevi tutti, dal Relatore ai singoli Consiglieri !”,argomentiamo:
• perché nel Comunicato si fa cenno, come fosse una giustificazione, alla “progressività” del contributo, quando proprio la progressività, oltre alla universalità, è carattere peculiare del prelievo tributario (art. 53 Cost.), negando poi al contributo di solidarietà in questione la natura di tributo?;
• come si può ritenere che la legge Letta abbia rispettato i “paletti” posti dalla Corte su questa materia (eccezionalità, temporaneità, ragionevolezza) quando il periodo interessato è triennale e fa seguito ad altri interventi analoghi nel triennio 2000-2002 e nel quadriennio 2011-2014?;
• come può farsi riferimento alla “crisi contingente e grave del sistema” (evidentemente previdenziale) quando il nostro sistema previdenziale è perfettamente sostenibile ed in equilibrio solo che fosse sollevato dal peso improprio del sistema assistenziale?;
• che coerenza c’è tra le conclusioni della sentenza in esame e quelle, diametralmente opposte, della sentenza 116/2013 della stessa Corte su analoga materia?. Verrebbe da pensare che sono bastate le nuove nomine 2015 dei Consiglieri per far virare la Corte da Organismo di garanzia sulla correttezza del divenire legislativo in sintonia con lettera e spirito della Costituzione (intesa come “ la legge delle leggi”) a Organo di garanzia solo delle disinvolture e scorribande di Governo e Parlamento;
• fatto sta che i pensionati gravati dal contributo coatto di solidarietà sono discriminati sia all’interno della propria omogenea categoria di pensionati con pensione ugualmente retributiva o mista, sia all’interno della più ampia categoria di contribuenti del Paese con analogo reddito;
• facciamo nostra l’esclamazione (tradotta) del poeta dialettale astigiano (Nino Costa) “come sarebbe bello far giusta la giustizia”, ricordando infine che nei Paesi civili (tra cui Spagna, Francia e Germania) le pensioni godono di un prelievo agevolato e ridotto, da noi penalizzato e aggravato.
Come vedete, cari Associate/i, questi non sono tempi favorevoli per i pensionati, che hanno invece bisogno di certezze e sicurezze perché, per ragioni di età e salute, la loro capacità di incidere sul futuro è forzatamente limitata.
Per fortuna che c’è la FEDER.S.P.eV., sindacato che vigila, contrasta , denuncia ogni attacco ai diritti legittimi di pensionati e vedove/i, usando ogni strumento, ivi compreso l’arma elettorale, che abbiamo usato in modo assai incisivo anche in occasione della recente tornata amministrativa.
Certo non siamo più giovani, ma siamo ben vivi e reattivi.