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Bersanellum, Italicum e maggioritario a doppio turno

Pier Luigi Bersani

Si può ragionevolmente venire a patti con coloro che sono risoluti a rimanere estranei alla nostra civiltà? No, ma solo Israele l’ha capito. Possiamo ancora trastullarci con le frottole del multiculturalismo, che invece di promuovere una “diversità integrata” crea e premia l’identità “separata” di ogni gruppo? No, ma Michel Houllebecq è stato uno dei pochi intellettuali europei che ha avuto il coraggio di dirlo. Wahabiti, sunniti e sciiti si scannano tra loro, è vero. Ma anche le pietre conoscono il sostegno che le élite arabe hanno dato e continuano a dare al jihadismo. Come si pensa di poter sconfiggere il terrorismo islamista quando gli Stati Uniti e l’Europa sanno solo balbettare contro chi lo incita e lo foraggia sottobanco? Si piangono le vittime e si fanno affari con i carnefici: c’è qualcosa che non quadra nella coscienza morale dell’Occidente.

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Dopo il referendum costituzionale, è probabile che l’Italicum non sarà più quello che conosciamo (dipenderà anche dai pronunciamenti della Consulta). Nel frattempo, la minoranza Pd cerca di mettere fieno nella cascina della sua probabile revisione con il cosiddetto Bersanellum, che intende limitare gli effetti distorsivi della rappresentanza imputati alla legge in vigore dal primo luglio. Ci sarà modo di vagliare con calma pregi e difetti della nuova proposta. Tuttavia, ancora una volta non viene curiosamente preso in considerazione quel sistema elettorale – il maggioritario a doppio turno- che a parole viene ancora considerato come il più efficace da larga parte della sinistra italiana. Perché?

Facciamo un passo indietro. Dopo il fascismo, era logico adottare un sistema proporzionale. Esso ha funzionato senza moltiplicare i partitini in quanto il “pericolo comunista” portava a concentrare il grosso del voti sulla Dc. Il “bipartitismo imperfetto” (copyright Giorgio Galli) entra in crisi quando Enrico Berlinguer e Giulio Andreotti cominciano ad avvicinarsi (periodo della “solidarietà nazionale”). Successivamente, con il Mattarellum è nata quella frantumazione partitica che ha visto il suo apogeo nella grande ammucchiata del secondo governo Prodi. Ma il rimedio è stato peggiore del male: il cosiddetto Porcellum.

Nel frattempo erano tornate di moda le preferenze, più di vent’anni prima ripudiate a furor di popolo (poco dopo si è scoperto che i voti di preferenza si possono comprare anche a Milano). Quindi (quasi) tutti a dire che un sistema il quale produce una genuina espressione delle preferenze esiste. È, appunto, il sistema maggioritario a doppio turno (che funziona bene in Francia). Sebbene proposto qualche volta in passato dal Pd, ma senza troppa convinzione, in realtà sembra non piacere a nessuno. Forse perché manderebbe a casa troppa gente? Il sospetto è forte.

Il sistema elettorale perfetto di certo non esiste. E lo stesso Italicum non è privo di vistosi difetti. Oggi in tanti insistono nella richiesta di passare dal premio di lista al premio di coalizione. A mio avviso, invece, la premessa di un sistema elettorale (quasi) perfetto è che devono essere vietate le coalizioni. Ogni partito si deve presentare da solo, indicando il suo candidato. In questo modo, ogni partito avrà interesse a presentare il candidato migliore o elettoralmente più forte. Ai partiti più piccoli va ovviamente garantito un diritto di tribuna, con soglie di sbarramento ragionevoli o altri marchingegni. L’essenziale è che il nuovo meccanismo di scrutinio sia “pulito”, ovvero assicuri la governabilità senza penalizzare in misura eccessiva il principio della rappresentanza. Si tratta di un vecchio nodo delle democrazie parlamentari, che può essere sciolto solo subordinando le convenienze contingenti dei partiti (e delle loro fazioni interne) al bene della stabilità del Paese. Ma, coi tempi che corrono, mi accorgo che forse sto facendo soltanto della retorica.


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