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Novità e sfide della legge sul cyberbullismo

Di Paola Brodoloni

Il Disegno di Legge sul cyberbullismo che andrà in discussione alla Camera la prossima settimana, e fortemente voluto dalla Senatrice Ferrara, è un passo indispensabile per rendere dignità e giustizia alle vittime di cyberbullismo e per sancire l’obbligatorietà di un percorso di educazione digitale in ambito scolastico. Tuttavia, ancora una volta l’attenzione si concentra sulle vittime e sui carnefici tralasciando completamente la vera origine di questo fenomeno sociale: la totale mancanza di una educazione all’empatia, perché non dimentichiamo che quanto accade è alimentato da un pubblico di giovani spettatori spesso inermi e inconsapevolmente complici di chi, nascosto dietro ad uno schermo, si accanisce su un coetaneo fragile e isolato.

L’attuale Disegno di Legge è molto costruttivo perché affronta il fenomeno del cyberbullismo in modo preventivo oltre che repressivo e sancisce tempi tecnici rapidi di reazione delle forze di polizia, indispensabili per porre fine all’aggressione che si perpetua sulla Rete. Tuttavia, si prevede in modo dettagliato una serie di azioni per contrastare il cyberbullismo che in parte vengono già intraprese dai singoli Ministeri: sembra quasi che le nostre istituzioni per lavorare in rete abbiano bisogno di una norma che lo regoli! Il punto dolente è proprio questo: in Italia non esiste un’azione sistematica di prevenzione del disagio giovanile. Il cyberbullismo è una delle tante forme di espressione dello stato psicofisico che colpisce un numero molto elevato di minori; così come il fenomeno delle dipendenze da stupefacenti, da alcool, i disturbi alimentari e l’iperconnessione (dipendenza web-mediata).

La ricerca di stati di euforia adrenalinici, il rincorrere emozioni forti, il tentativo di annientare la timidezza e la rabbia per cercare momenti di fama e di visibilità, quasi come se fossero il passaporto della felicità. Come possiamo davvero prevenire queste devianze? La prevenzione si fa a casa ma anche in quella “famiglia” denominata “classe” e nella seconda casa che per i giovani è la scuola. Ben vengano quindi proposte di legge come questa che regolano in modo preventivo un fenomeno così grave, ma l’educazione ai sani stili di vita deve entrare nella didattica con un percorso fatto di testimonianze, esperienze di volontariato attivo e impegno sociale che accompagni i minori dalla scuola d’infanzia sino alla maggiore età. Così aiuteremo davvero le giovani generazioni a compiere quelle scelte consapevoli che pongono le basi per costruire il loro futuro. La scuola, oltre ad essere la fonte delle conoscenze che prepara gli studenti al mondo del lavoro, deve diventare un laboratorio formativo che educhi i giovani alla salute, e li avvicini al senso del benessere psicofisico, all’espressione creativa del sé e alla cittadinanza attiva: sono queste le modalità con cui si può prevenire anche il cyberbullismo.

Difficile pensare infatti che possiamo davvero “consegnare” alla società adulta uomini e donne realizzati, se non li affianchiamo in età giovanile nel superare le difficoltà tipiche di quel periodo della vita.



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