Le regole Ue sugli aiuti di Stato sono inflessibili con le banche private, ma consentono margini di manovra più ampi a quelle già controllate e salvate dagli Stati. In tal senso può far scuola il via libera della Commissione Ue al nuovo bail-out pubblico della portoghese Caixa Geral de Depositos (Cgd), soprattutto in vista di eventuali difficoltà del settore bancario tedesco, quello dove è maggiore la presenza dello Stato. Nelle landesbank si stanno allargando i buchi di bilancio legati all’attività speculativa nel business navale: proprio ieri Nord Lb (l’istituto della Bassa Sassonia) ha annunciato una perdita «significativa» nel 2016. La stessa banca è stata chiamata a rilevare integralmente un’altra landesbank in grave difficoltà, la Bremer (controllata per il momento al 55%). I crediti navali hanno già messo in ginocchio Hsh Nordbank, che ha scampato il bail-in solo perché ha chiesto (con grande tempismo) nuove garanzie pubbliche pochi giorni prima della stretta delle regole nell’estate 2013.
In caso di nuove difficoltà, una landesbank potrà probabilmente usufruire di altri fondi pubblici (dopo i 250 miliardi già versati dalla Germania), con il consenso della Ue. Basta vedere quanto accaduto nel caso di Caixa. Lo Stato portoghese ha ottenuto mercoledì il via libera preliminare (i cui contenuti sono in gran parte ignoti) dalla commissaria Ue alla Concorrenza Margrethe Vestager: Lisbona ricapitalizzerà la banca pubblica con altri 2,7 miliardi, trasferirà 500 milioni dalla holding statale ParCaixa e svaluterà 960 milioni di titoli convertibili (detenuti dallo Stato, quindi senza coinvolgimento di creditori privati e senza bail-in).
Così il Portogallo avrà aiutato Cgd, la maggiore banca nazionale per asset, con 4,16 miliardi di contributi pubblici (a cui si aggiungerà una nuova emissione di titoli subordinati rivolta a privati per 1 miliardo). L’importo è vicino ai 5 miliardi necessari per Mps , che però dovrà raccogliere la somma sul mercato, senza garanzia dello Stato (che Bruxelles avrebbe concesso solo a patto di svalutare i bond subordinati), con annessi rischi di esecuzione e forte volatilità sui titoli Mps e delle banche italiane. Il salvataggio pubblico di Cgd è stato invece un successo per i mercati: nella seduta di ieri, la prima dopo l’annuncio dell’accordo tra Lisbona e Bruxelles, il listino portoghese ha perso lo 0,45% (Milano -1%), mentre il tasso del decennale portoghese è rimasto stabile al 2,95%. Proprio il Portogallo ha sperimentato invece il rischio dell’instabilità legata al coinvolgimento disordinato nelle perdite dei privati, come nel caso dei senior bond di Novo Banco.
L’andamento dei titoli di Stato è legato anche a un altro aspetto di rilievo nell’accordo su Cgd, che il collegio dei commissari Ue formalizzerà nei prossimi giorni. I fondi pubblici non dovrebbero entrare nel deficit del Portogallo, che quindi, salverà la banca senza pagare un prezzo in termini di finanza pubblica (il disavanzo è già oltre i limiti concessi dalle regole Ue, ma i Paesi europei hanno deciso di non multare Lisbona).
Come è stato possibile per Cgd ottenere l’ok dalla Ue e cosa rende il caso diverso da quello di Mps ? Secondo Bruxelles, l’intervento pubblico in Cgd prevede condizioni di mercato (non ancora note) e darà rendimenti in linea con quelli accettabili da un investitore privato. Se sarà così, non si capisce a cosa serva il salvataggio pubblico. Ma soprattutto la metodologia dell’intervento statale «a condizioni di mercato» dovrebbe essere applicata allo stesso modo non solo per le banche pubbliche (Cgd e landesbank), ma anche per quelle private (come Mps , che pure ha lo Stato come primo azionista al 4%).
Insomma, se una banca pubblica ha mostrato di essere inefficiente per anni, e ha avuto bisogno di aiuti di Stato a ripetizione, può continuare ad avere fondi pubblici senza limiti, senza impatto sulla stabilità finanziaria nazionale (e ora neppure sui conti pubblici). Questo modello potrebbe rivelarsi più efficace di quello basato sul bail-in, come indica la reazione di ieri dei mercati. Il problema è un altro: la stessa flessibilità sui salvataggi non è concessa alle banche private, non solo quelle italiane. Il rischio è che le interpretazioni della Commissione Ue, pensate per garantire parità di concorrenza, abbiano l’effetto contrario di continuare a congelare la disparità di condizioni tra Paesi, favorendo quelli che in passato hanno versato ingenti aiuti di Stato e oggi hanno sistemi bancari in gran parte controllati dal comparto pubblico. Non risulta per esempio che, per concedere l’ok agli aiuti, sia stata imposta una privatizzazione di Cgd in tempi stretti, mentre le quattro good bank italiane dovranno essere cedute entro fine settembre con forti minusvalenze. Come ricordato da Roberto Nicastro, presidente delle good bank, Bruxelles è inflessibile su banche che pesano l’1% del settore italiano, ma non batte ciglio per la presenza dello Stato in circa metà del settore bancario tedesco.
«È un accordo innovativo in Europa», ha detto il ministro delle Finanze portoghese Mario Centeno, commentando l’intesa per Cgd. «È la prima volta che un investimento pubblico nelle banche è realizzato a queste condizioni». Non è detto però che sia l’ultima. I nodi dei salvataggi pubblici rischiano di emergere ancor di più nelle prossime settimane, nel caso si rivelasse necessario un sostegno alle landesbank in difficoltà. In questa circostanza Angela Merkel adotterebbe con ogni probabilità il modello Caixa. La crisi dello shipping ha già richiesto per Nord Lb un aumento delle rettifiche sul credito di cinque volte (da 200 milioni a 1 miliardo) nel primo semestre e potrebbe riservare nuove sorprese per altre banche tedesche.
(Articolo pubblicato su Mf, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)