La Tobin Tax in Italia ha aumentato la volatilità e ridotto la liquidità dei titoli tassati. Le operazioni sono diminuite sui mercati fuoriborsa (over-the-counter o Otc) e si sono in parte trasferite su quelli regolamentati. È quanto emerge da un’analisi pubblicata dalla Bce, scritta da tre economisti (Giuseppe Cappelletti della Bce e Giovanni Guazzarotti e Pietro Tommasino della Banca d’Italia).
Da anni c’è un dibattito aperto sull’utilità di una tassa sulle transazioni finanziarie. I sostenitori ritengono che l’imposta possa contrastare gli eccessi della finanza speculativa e assicurare entrate per gli Stati. Gli oppositori ritengono che invece la tassa sia controproducente perché il vantaggio per i conti pubblici è poco rilevante rispetto alle conseguenze per i mercati. Si è creato inoltre un problema di diverse normative tra Paesi: la tassa è applicata (in modo diverso) in Italia e Francia, mentre l’Ue ha abbandonato l’idea di una legislazione comune e al momento ha congelato anche l’ipotesi di una cooperazione rafforzata tra 11 Stati.
Gli economisti della ricerca Bce si sono concentrati sul caso dell’Italia e hanno confrontato i titoli tassati e non, sia prima che dopo l’introduzione della Tobin nel Paese nel marzo 2013. «Abbiamo riscontrato un significativo aumento degli spread bid-ask. C’è inoltre evidenza di un aumento della volatilità delle azioni tassate», è scritto nell’analisi. Il primo risultato «è in linea con la teoria, dato che la tassa può essere considerata un incremento dei costi di transazione». Il secondo esito invece «suggerisce che l’impatto della tassa sull’attività dei noise trader (quelli che aumentano l’instabilità con decisioni irrazionali non legate ai fondamentali, ndr) non è stata sufficiente per compensare il disincentivo all’attività stabilizzatrice degli operatori informati».
Per quanto riguarda i volumi, l’analisi evidenzia che il valore delle transazioni Otc, secondo i dati Consob, è sceso del 31% tra marzo e agosto 2013 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo calo si confronta con un aumento del 9% delle transazioni su mercati regolamentati (si veda il grafico in pagina). «Parte dell’attività Otc potrebbe essere passata sui mercati regolati, dove l’aliquota è inferiore», osservano gli economisti. Questo trasferimento di transazioni «è probabilmente la principale ragione per cui non c’è stato calo dei volumi nei mercati regolamentati».
Le conclusioni sono riferite al modello italiano di Tobin Tax, che prevede un prelievo solo per le azioni di società con capitalizzazione superiore ai 500 milioni. L’aliquota era pari a 0,12% nel 2013 (0,22% per l’Otc), poi scesa a 0,10% nel 2014 (0,2% per l’Otc). Sono state esentate alcune operazioni, come quelle giornaliere, quelle sul mercato primario o realizzate da market maker. Nei primi due anni il Fisco italiano ha incassato grazie alla Tobin 694 milioni di euro a fronte dei 2 miliardi previsti inizialmente dal Tesoro. Ora però il governo starebbe ragionando sulla possibilità di togliere la tassa. L’abolizione secondo molti potrebbe essere utile per rilanciare la piazza finanziaria milanese, sfruttando anche l’uscita di alcuni operatori dal Regno Unito per la Brexit.
In passato anche il presidente Bce Mario Draghi ha espresso perplessità su una Tobin Tax applicata solo in alcune aree. In un’audizione al Parlamento Ue nel 2012, quando l’Europa valutava con più decisione la Tobin Tax, Draghi ha osservato che «per essere effettiva, una tassa sulle transazioni finanziarie deve essere applicata in tutti i Paesi, altrimenti ci sarebbe uno spostamento di attività verso altri Paesi o, peggio ancora, verso il settore dello shadow banking», con il rischio di «aumentare la volatilità e i guadagni dalla speculazione», oltre che di allontanare gli investitori dall’area euro.
(Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)