Massimo Messeri, presidente di Nuovo Pignone, azienda del gruppo Ge Oil&Gas, ha presentato le proprie dimissioni da presidente di Confindustria Firenze ad appena un anno di distanza dalla sua elezione. Alle dimissioni di Messeri è subito seguita una nota di Nuovo Pignone in cui si annunciava l’uscita dell’azienda dall’associazione fiorentina alla scadenza dell’anno associativo 2017. L’azienda precisa però che rimarrà nelle associazioni industriali delle altre province dove Nuovo Pignone ha insediamenti produttivi.
Secondo quanto riportato nella nota del 3 agosto di Nuovo Pignone, tra i motivi di questa separazione vi è l’impossibilità di portare a termine il programma con il quale il presidente Messeri si era impegnato e che l’azienda aveva pienamente sostenuto sin dall’inizio. Nuovo Pignone dichiara infatti che “non ritrova in Confindustria Firenze la disponibilità a trasformarsi per comprendere e supportare le esigenze di un’azienda industriale in costante evoluzione e per valorizzarne le peculiarità e le potenzialità, anche nell’interesse del territorio”.
Si tratta di una vicenda particolarmente importante sia per il contesto locale che per quello nazionale. L’uscita per la prima volta di un membro così importante da Confindustria Firenze, che avrà effetti non indifferenti sulla comunità imprenditoriale fiorentina, ci ripropone il tema sempre più attuale della crisi delle associazioni di rappresentanza.
Messeri, portatore delle istanze delle grandi imprese, pare sia risultato troppo distante dal contesto medio piccolo delle aziende fiorentine e toscane. Inoltre, alla mancata realizzazione del suo programma teso a promuovere la “cultura della crescita” all’interno dell’associazione, sembra sia venuta meno anche la creazione di un rapporto solido con le istituzioni e la politica locale. Visioni, dimensioni, esperienze ed interessi troppo diversi potrebbero dunque essere le cause del mancato raggiungimento della singola voce di rappresentanza.
Ma la crisi dei cosiddetti corpi intermedi, ovvero di quelle formazioni sociali che dovrebbero rappresentare i bisogni e le istanze dei cittadini – organizzazioni, associazioni, partiti, sindacati, ecc. – non si limita al mondo dell’industria o ai confini italiani. L’assenza di una singola voce è il problema dell’Unione Europea nei diversi tavoli di negoziazione, dell’Italia nelle trattative economiche e diplomatiche, dei partiti politici che perdono sempre più iscritti, così come le camere di commercio e i sindacati.
Le associazioni di categoria, che per decenni sono stati attori fondamentali nei rapporti tra cittadini e decisori, si trovano oggi in una fase di transizione che li coinvolge in modo profondo. Il contesto sociale, politico ed economico richiede loro una forma più snella e dinamica.