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Ecco come Frauke Petry di AfD erode consensi a Spd e Cdu

Il partito di Angela Merkel, la Cdu, ha subito una sonora sconfitta dalle elezioni regionali che si sono tenute domenica scorsa nel Land del Mecklemburg-Vorpommern (noto anche come Pomerania anteriore) dove hanno vinto i socialisti e dove la Cdu ha ceduto la seconda posizione all’AfD, Alternative für Deutschland, un partito che, per semplificare, viene definito, dai suoi avversari, come populista e, quando invece vogliono alterare i fatti, addirittura come nazista. La sconfitta del Cdu non è avvenuta sul filo di lana ma è stata massiccia perché il confronto elettorale si è concluso con il 29 per cento dei voti all’AfD contro il 19 per cento alla Cdu.

Certo, chi vuole difendere la Merkel ha ragione nel ritenere che il test elettorale fosse minuscolo riguardando esso un Land che, pur essendo esteso come la Sicilia, ha un quarto della popolazione delle nostra isola (1 milione e 600 mila abitanti contro 5 milioni della Sicilia e gli 80 milioni dell’intera Germania). Questo è vero. Come si deve anche tener conto che il Land della Pomerania anteriore si trova in quella che un tempo era la Germania orientale, o comunista, o Ddr, una zona cioè dove i cristiano sociali non hanno profondissime radici, tant’è che, qui, hanno vinto i socialisti che invece, ovunque, in Germania, sono in forte crisi di idee, di uomini, di iscritti e di votanti. Essi infatti sono costretti a governare assieme (e in subordine) con la Cdu-Csu della Merkel, nella famosa Grosse koalition (grande coalizione) che è, a un tempo, per loro, una ciambella di salvataggio e un corsetto politico.

Ma il voto nel Land della Pomerania anteriore, pur con tutte le attenuanti poc’anzi rilevate, resta un voto importante, non solo perché è sintomatico di un vasto disagio politico ma anche perché si verifica a un anno dalle elezioni politiche in Germania che vedranno la Merkel candidarsi per il quarto mandato consecutivo, dopo 12 anni di governo ininterrotto e, si deve dire, finora, per la Germania, anche molto efficace. Ma, dopo 12 anni di governo, anche una fuoriclasse come la Merkel comincia a dare segni di stanchezza e, in un momento in cui anche in Germania le cose sembrano andare sempre peggio, l’elettorato tedesco è sempre più tentato di attribuire la crisi a colei che, in pratica con i pieni poteri (o è apparso che avesse così), ha guidato il paese. L’elettorato tedesco (che ovunque e sempre è irriconoscente) è quindi tentato di scalzare la Merkel, se non altro per provare un altro. Per fortuna della Merkel gli altri non ci sono. Per il momento, infatti, mancano, su piazza, delle credibili alternative politiche.

La Merkel è ammaccata, sicuramente. Ma i suoi avversari sono impresentabili. L’unica che, per il momento, ha un vero carisma è la leader di AfD, Frauke Petry, che non è una sprovveduta come la Raggi (tanto per fare un paragone che è offensivo per la Petry: sarebbe come se volessi paragonarmi a Lionel Messi). Senonché la Petry, pur avendo raccolto un grande successo, è anche alla testa di un partito che è nato solo nel 2011. Basti pensare che l’M5s è in pista dal 2008. Ma, se le cose non cambiano, ha, come diceva di sé Napoleone Bonaparte, “il bastone del maresciallo nello zaino”.

Il leader locale dei cristiano democratici Christian Ehlers, come opportunamente rileva il nostro corrispondente della Germania, Roberto Giardina, cerca di minimizzare la batosta subita, dicendo: “Gli altri (cioè, visto i risultati delle urne, solo quelli dell’Afd, ndr) hanno puntato sulle emozioni, noi sui fatti”. È una spiegazione che non spiega nulla e soprattutto che condanna l’insipienza di chi l’ha formulata che infatti si comporta, dicendo così, come si fosse un gelido e accurato revisore dei conti e non un politico che deve interpretare i feeling, le aspettative e anche le paure dell’elettore per tradurli in programmi e suggestioni. “Gli altri hanno puntato sulle emozioni”. Ok. “E noi sui fatti”. Ma i fatti non sono mai asettici, sia quando sono decisi, che, ancor peggio, quando sono realizzati. Essi infatti finiscono sempre per generare le emozioni che la Cdu (con la Merkel in testa) non hanno saputo governare e quindi ne sono stati travolti.

Gli interessati semplificatori sostengono che l’AfD è un partito razzista solo perché non condivide la politica di immigrazione attuata dalla Merkel di cui persino la premier tedesca adesso è pentita. Merkel continua a dire, sempre meno convinta: Wir staffen das, ce la faremo. Ma intanto, dopo aver accolto il primo lotto di un milione e centomila immigrati, sta ripensando ai lotti successivi di altrettanto peso (uno per ognuno dei prossimi quattro anni) come aveva inizialmente promesso. Se chi invita alla prudenza nello spalancare senza preparazione e criterio, le porte della Germania agli immigrati, è un razzista, vuol dire che si preferisce diluire (o schivare) i problemi in un’invettiva, anziché includerli in un ragionamento.

Così c’è anche chi, estremizzando ulteriormente, dice che l’AfD è un partito nazista. Ma non tiene conto del fatto che la maggioranza dei voti che ha raccolto la scorsa domenica l’AfD nella Pomerania inferiore viene proprio dai partiti di sinistra oltre che dalla Cdu. Bisognerebbe inoltre sottolineare che, proprio perché c’era l’Afd in lizza, è aumentata sensibilmente anche la percentuale della partecipazione al voto che è passata dal 51,4 al 61,4. Questo boom vuol dire che il 10 per cento dell’elettorato di quel Land è uscito dalla sua tana della sfiducia nel sistema perché si è convinto (magari sbagliando, non lo escludo, ma questo è il suo feeling) che l’AfD è diverso dagli altri partiti e quindi è in grado di realizzare una politica diversa rispetto a quella, rovinosa, sinora realizzata dall’establishment politico tedesco.

Naturalmente, visto come si sono ridotti gli M5s in Italia, non è escluso che, in futuro, anche l’AfD possa deludere le attese. Ma ci metterà più tempo a farlo (se lo farà) perché in Italia M5s (basti vedere che cosa succede a Roma) sembra composto de dilettanti allo sbaraglio mentre l’AfD, pur essendo un partito giovane (ma non di giovani), non è composta da gente raccolta per strada (che assomiglia molto alla selezione sul web fatta da Grillo). Per dare un segno dello sfascio di una speranza (per certuni, intendiamoci) basti ricordare che ieri Salvatore Romeo, capo della segreteria della Raggi in Campidoglio, alla domanda di un giornalista che gli chiedeva se, a questo punto, si ridurranno gli stipendi al vertice del Comune, ha risposto: “Dovremo provvedere a una modifica delle fasce reddituali di attribuzione”. Capito? Arridatece l’altri!

(Pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)


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