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Senta e Tughra: i corsivi non si toccano

Mettetevi in testa questi due nomi: Senta e Tughra. Senta è, oggi, un piccolo paese nel nord della Serbia a due passi dal confine con l’Ungheria. Tughra, invece, è il nome del sigillo imperiale utilizzato dai khan tatari e dai Gran Visir turco-ottomani. È un corsivo, ragioni estetiche e spirituali fanno di una firma un simbolo.
La storia è un terremoto di fatti. Ha centri di pressione che hanno una geografia precisa. Ha linee di faglia che seguono l’onda lunga di un corsivo scritto chissà dove. Tutto ruota attorno a simboli che dal passato si proiettano nel futuro, carichi d’identità.
Nel 1697, Eugenio di Savoia guidò l’esercito asburgico nella battaglia di Zenta mettendo fine all’espansione turco-ottomana. Quel pomeriggio, il sole su Zenta non tramontò fintantoché l’ultimo giannizzero non finì supino a galleggiare morto sulle acque del Tibisco.
Fu allora che Eugenio di Savoia raccolse dal campo di battaglia, sottraendolo all’oblio del tempo, il Tughra di Kara Mustafa, il sigillo del Gran Visir sconfitto.
La battaglia ebbe inizio l’alba del 12 Settembre. Ma guai a ridurre la storia a un oroscopo. Guai a ridurre tutto ai soliti schemi che non vogliono vedere l’Eurasia. Guai alle equazioni occidente = cristiani, oriente = musulmani. Tutto ruota attorno a un corsivo. E i corsivi non si toccano.


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