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L’Unione europea secondo Carlo Azeglio Ciampi

Di Carlo Azeglio Ciampi

La negata ratifica del Trattato Costituzionale nei “referendum” tenutisi in Francia e nei Paesi Bassi, due dei 6 Paesi fondatori, ha avuto l’effetto di un macigno gettato sulla strada della costruzione europea. Il senso di smarrimento ha prevalso, combinandosi con “tiepidezze” latenti; e non è servito ad attenuarlo il fatto che ben 18 Paesi membri abbiano ratificato quel testo, firmato da tutti a Roma il 24 ottobre del 2004.

È stata quindi decisa una pausa di riflessione di un anno, prorogata di un altro anno dal Consiglio Europeo di giugno 2006. Ma, come ho avuto modo di dire in più occasioni – è ricorderò in particolare il Convegno Internazionale organizzato a Firenze il 17-18 novembre scorso dall’Istituto Universitario Europeo di Fiesole e dal Gabinetto Vieusseux – è ormai tempo di riprendere il cammino. La necessità di portare avanti la costituzione istituzionale dell’Unione europea è resa più urgente da pressanti esigenze dell’economia, della sicurezza, della politica estera.

Per consentire alle nostre economie di riprendere un tasso di sviluppo, prossimo al potenziale, e tale da corrispondere alle esigenze dei nostri concittadini, va rilanciata la competitività dei nostri sistemi economici e finanziari, delle nostre imprese. Ciò richiede che al governo dell’euro, assicurato da una istituzione federale quale è la Banca Centrale Europea, si affianchi un efficace governo dell’economia che promuova politiche concordate nella formazione, nella ricerca, nell’innovazione, nelle infrastrutture materiale e immateriale; che stimoli la capacità concorrenziale delle economie europee in un mercato mondiale dei beni e dei servizi profondamente modificato dalla globalizzazione.

Nel campo della sicurezza e della politica estera, le molteplici sfide in campo internazionale, il proliferare di focolai di conflitto, l’emergere di nuovi soggetti geo-politici e geo-economici impongono all’Unione Europea di affermare con una sola voce un proprio ruolo internazionale, che allontani il rischio di una sua marginalizzazione, che contribuisca in modo decisivo all’affermazione della pace.

Fu proprio la consapevolezza della carenza delle strutture istituzionali, ora resa drammaticamente manifesta dall’ampliamento a 27 degli Stati membri, che indusse a mettere mano alla predisposizione di un Trattato Costituzionale per dotare l’Unione Europea di istituzioni atte a consentire di esprimere e di attuare politiche comuni nell’economia, nella difesa, nelle relazioni internazionali.

Quale la strada più praticabile da percorrere? Bisogna tracciarla cercando di conciliare la naturale aspettativa dei Paesi, che hanno ratificato il Trattato, di non vedere vanificata la loro volontà, con l’esigenza dei due Paesi che si sono espressi negativamente di poter riaprire una procedura di ratifica: il che potrebbe essere ottenuto con l’aggiunta di protocolli e di dichiarazioni che snelliscano il presente testo del Trattato supplendo al tempo stesso a sue carenze e insufficienze. Ma occorre far presto. È necessario procedere e concludere il lavoro entro la fine del 2007 in modo che la decisione finale dell’adozione del Trattato Costituzionale venga presa prima delle elezioni al Parlamento Europeo nel 2009.

Solo cosi gli elettori europei potranno dare vita al nuovo Parlamento con convinzione, sapendo cosa significa essere cittadini europei; come si definisce l’identità europea; quali i compiti che attendono l’U.E; quanto valide le istituzioni europee. Affinché questo obbiettivo, ambizioso ma necessario, possa essere raggiunto occorre che lo sforzo dei politici, dei giuristi, dei diplomatici venga sostenuto dallo slancio ideale dell’intera società e in primo luogo dalla partecipazione dei giovani, oggi principali beneficiari della sicurezza di vita generata dalla pur incompleta costruzione europea, frutto dell’“utopia” vagheggiata dai loro antenati.

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