prima di mettere mano all’ennesima riforma della riforma, l’italico legislatore dovrebbe meditare la testimonianza di dionigi di alicarnasso: “per mezzo di tali leggi numa da un lato portò lo stato alla frugalità e alla moderazione, dall’altro condusse alla giustizia in materia di contratti trovando un sistema sconosciuto a tutti quelli che avevano stabilito le più celebri costituzioni. vedendo infatti che i contratti stipulati in pubblico e davanti a testimoni sono garantiti dal sentimento di decenza (aidos) causato dalle persone che assistono, e che in questi casi sono pochi i colpevoli della loro violazione, mentre i contratti stipulati senza testimoni, che sono molto più numerosi degli altri, che hanno come unica garanzia la fides /credito (pistis) dei contraenti, ritenne di doversi preoccupare di questa più che di ogni altra cosa, e di renderla degna di onori divini. egli penso che themis, dike, nemesis, e quelle che dai greci sono chiamate erinni e altre entità simili erano state già venerate e consacrate a sufficienza dagli antichi, mentre la fides, della quale non c’è tra gli uomini sentimento più grande né più sacro, non aveva ancora ottenuto un culto, né in pubblico né in privato. come risultato di queste riflessioni primo tra gli uomini eresse un tempio alla fides pubblica e istituì sacrifici in suo onore a spese pubbliche, come per tutti gli altri dei” (da “giuristi nati”, a cura di aglaia mcclintock, il mulino, 2016).
dopo aver tributato onori divini al mercato, alla concorrenza, all’interesse personale tanto da sacrificare loro generazioni e nazioni, perché non cercare – seguendo l’esempio dei romani “giuristi per vocazione” – di restaurare il culto della parola data, il valore della stretta di mano? “fides, la buona fede, è patrona di tutti i rapporti fra persone e gruppi di persone; senza di lei nulla è possibile, ad ogni livello; da lei dipendono la concordia e la fiducia reciproca dei romani, l’armonia fra i diritti e i doveri di tutti, ovunque nascano o sorgano, per non parlare della pace duratura o della guerra giusta con gli estranei, né degli onesti commerci fra gli umani e gli dei” (geroges dumézil, la religione romana arcaica, rizzoli, 1974).