Le dichiarazioni fatte dal premier Renzi sulla realizzazione della grande infrastruttura Ponte si innestano perfettamente su quelle dei suoi predecessori che a più riprese sognarono di unire fattivamente l’Italia. Nonostante ciò, da Rumor a Craxi fino a giungere al Cavaliere, l’idea non riuscì a prendere forma vanificandosi di volta in volta tra i riflessi della Fata Morgana. In questo gran parlare, che ha fatto del ponte una bandiera da issare quando le correnti soffiano in modo opposto, generando così fazioni e fronde tra favorevoli e contrari, pontisti e no ponte, si sono persi di vista quelli che sarebbero dovuti essere gli elementi cardine del dibattito da porre al vaglio dei decisori, e di conseguenza l’importanza strategica che andrebbe a rivestire una tale opera. Prescindendo dalle ragioni politiche o meramente propagandistiche che hanno indotto il premier a tornare alla carica sulla faccenda ponte, ci preme, tuttavia, portare sul tappeto alcune riflessioni atte ad analizzare i nuovi scenari geopolitici che vanno profilandosi nell’area mediterranea, all’interno dei quali andrebbe incastonata l’opera.
Gli epocali cambiamenti geopolitici che stiamo vivendo ci spingono infatti a riflettere, in modo serio e puntuale, sul ruolo che va ricoprendo il Mediterraneo nell’articolato sistema dei flussi di traffico a scala globale e nella nuova architettura geo-economica che va prendendo forma. L’urgenza di tali riflessioni è oltremodo dettata dalla posizione geografica dell’Italia ed in particolare del sue regioni meridionali, quali Calabria e Sicilia che, poste all’estremità sud della penisola tra il Tirreno e lo Ionio, potrebbero senz’altro giocare un ruolo determinante nel riassetto degli equilibri internazionali, favorendo importanti opportunità di sviluppo; ciò non solo dal punto di vista economico ma anche da quello sociale, culturale e umano.
Visionando una carta geografica dell’area mediterranea anche l’osservatore più superficiale si renderebbe, infatti, conto che nel raggio di poche miglia dalle coste calabresi e siciliane si giocano le partite decisive legate alla sicurezza e agli interessi economico – sociali dell’intero pianeta (Siria, Libia, Egitto e Tunisia).
Oltre alle instabilità, tuttavia, il Mare Nostrum, che sin dall’antichità ha giocato un ruolo di fondamentale importanza nell’evoluzione della storia mondiale pur rappresentando solo 1% della superficie acquea, è nuovamente diventato il grande crocevia dei maggiori flussi dell’economia globale.
L’emergere delle nuove potenze asiatiche e dell’America del sud, unitamente alla disordinata crescita economica dei Paesi africani considerati mercati in espansione con tassi multipli rispetto a quelli europei ha sia determinato uno spostamento dell’asse geopolitico verso il sud del globo che concentrato nel Mediterraneo i nuovi flussi geo-economici, destinati ad incrementare ulteriormente la loro portata, da cui è derivato l’ampliamento del canale di Suez.
La nuova situazione, che vede transitare copiosi carichi di merce davanti alle nostre coste diretti verso porti del Nord Europa, senz’altro molto più efficienti, potrebbe rappresentare un’opportunità per l’Italia che, grazie alla sua ubicazione, si presenta come un grande molo naturale e, al contempo, un piano di scorrimento posto a tagliare il Mediterraneo in due compartimenti. Affinché questa opportunità venga sfruttata, occorre che la parte meridionale del Paese superi il gap infrastrutturale che le impedisce una concreta azione di sviluppo.
Ciò potrebbe avvenire attraverso la messa a punto di un’immediata e adeguata strategia infrastrutturale che non si soffermi solo sul Ponte, ma che tenga conto di diversi livelli di infrastrutture, materiali e immateriali, capaci di interagire tra loro, in un sistema di logistica integrato, al fine di rendere il Mezzogiorno e l’intera Nazione competitivi e all’altezza delle nuove sfide e dei nuovi cambiamenti geopolitici che si stanno ponendo innanzi. A tal riguardo sarebbe fondamentale ipotizzare, come già preconizzato dall’architetto Pier Paolo Maggiora all’interno del suo mega progetto Arge, un hub aeroportuale, ovvero un raccordo degli aeroporti attuali, migliorati e potenziati, al centro della Sicilia per intercettare le rotte che arrivano dall’Asia e dalle Americhe per poi distribuire il traffico all’interno del Mediterraneo, verso l’Europa e verso l’Africa.
Tale infrastruttura, infatti – anche a parere di americani, cinesi e giapponesi – potrebbe diventare l’hub aeroportuale più importante di tutto il sistema Europa-Africa, più importante di Londra, Parigi, Francoforte, eccetera. Sarebbe, inoltre di fondamentale importanza potenziare i porti meridionali, dotandoli di adeguati collegamenti con le linee ferrate di alta velocità e alta capacità, e sviluppare le linee interne. Un tale sistema di infrastrutture logistiche integrate consentirebbe, realmente, di intercettare tutti i traffici che passano per Suez e garantirebbe alle merci ed al prodotto industriale italiano di andare sui mercati internazionali con un 25% di costo in meno, eliminando il peso della disfunzione del sistema logistico (quindi del dover ricorrere alla logistica esterna), che incide sulla competitività del prodotto esportato italiano. Ciò significherebbe un accrescimento del proprio potenziale complessivo e quindi un maggior peso a livello globale.
È ovvio, tuttavia, che il progetto per essere tale deve essere sviluppato in parallelo, non certo in sequenza, ed essere finanziato, attraverso la messa appunto di un sistema di convenzioni atte a far mantenere all’Italia le decisioni strategiche, proprio da quei Paesi maggiormente coinvolti nel traffico merci da e verso il Mediterraneo. Tali soggetti, tra cui si annoverano i cinesi, avrebbero, come del resto hanno già dimostrato di avere, tutto l’interesse a finanziare tali opere dal momento che le stesse permetterebbero dei notevoli risparmi, in termini di tempo e di costi, alle loro merci dirette sui mercati europei.
Tale piano, infine, di cui il corridoio TEN-T5 rappresenta un’arteria fondamentale, deve fare in modo che l’Italia, anche per via della sua storia, possa proiettarsi verso sud per seguire, intercettare e orientare realmente i nuovi trend geo-economici e geopolitici. E’ chiaro che tali scelte permetterebbero al Mezzogiorno d’Italia di diventare il centro nevralgico e propulsore di nuovi processi economici, nonché all’intera Nazione di superare lo scompenso atavico con il quale convive sin dalla nascita.